Il cetriolo (Cucumis sativus) è un ortaggio diffuso ed umile ma dalle marcate proprietà e virtù nutrizionali, e per questo trova largo impiego presso molte popolazioni.
Tuttavia la sua forma oblunga ha condannato questo vegetale della famiglia delle cucurbitacee, al pari di altri dalla "ammiccante morfologia" (come ad esempio la fava), a richiamare nell'immaginario popolare un pene, e di converso, per quel processo semantico che (chissà in fondo perché) fa rappresentare un umano che non brilla per pespicacia da un dispregiativo sinonimo fallico (Es. la sopracitata "fava", "minchione", "bischero" etc).
Così quando una signora sicula per stigmatizzare il nostro rimanere interdetti di fronte ad una porta, indecisi se transitarci o meno, ci disse: "E che ci fai 'ndrocu ravanti com' un citruluni?" (tradotto suonerebbe "che ci fai qui davanti come un cetriolone") comprendemmo folgorantemente l'etimo del termine "citrullo" che appunto da "cetriolo" derivava.
Orbene cari residui lettori, che non vi siete persi per strada con l'assessore, e fin qui ci avete seguito in questa articolata "introduzione al cetriolo", chiarite le origini del lemma "citrullo", ragioniamo sul suo uso.
C'è intanto un'espressione estremamente efficace, componibile con quella parola, ed essa suona "acchiappa-citrulli", che sta a significare un meccanismo o un'argomentazione atta ad abbindolare i più creduloni, coloro che si fanno convincere a concedere qualcosa da fantasmagoriche quanto non mantenibili promesse (un milione di posti di lavoro, diminuizione delle tasse etc) e così facendosi catturare, si candidano da citrulli ad essere vittime di metaforiche introduzioni di cetrioli di varia taglia.
L'acchiappa-citrulli più usato in questi ultimi tempi all'Elba è il cosiddetto PORTO FRANCO uno specchietto per allodole antichissimo, che però puntualmente torna ad essere agitato ad ogni campagna elettorale.
La vicenda ci ricorda quella della nuova Provincia dell'Elba che si voleva istituire mentre tutto il paese correva verso l'eliminazione di quelle già esistenti.
Già, perché questi "fenomeni" (che si presentano promettendo di realizzarlo in cambio della elezione in un organismo che, anche volendo, sulla istituzione del PORTO FRANCO non avrebbe nessuna competenza) non si preoccupano minimamente del fatto che la politica europea vada in direzione opposta: quella della progressiva eliminazione delle zone fiscalmente agevolate che già esistono.
La verità è che nessun governo della Repubblica (verde, rosso, giallo) si potrebbe permettere di rinunciare ad una cospicua fetta delle risorse che gli derivano dalla fiscalità elbana (stiamo ragionando di centinaia di milioni non di noccioline), mantenendo anche solo inalterato il livello di spesa per il funzionamento di servizi (scuola, sanità, trasporti, sicurezza, realizzazione di infrastrutture viarie, portuali e mille altri etcetera) che invece in molti cittadini chiedono - e giustamente - di implementare.
Mettiamo che ci sia una famiglia nella quale, come nelle migliori e più sane tradizioni, la massaia tenga la cassa, e mettiamo che un giorno il coniuge torni a casa e dica: "Senti bella, d'ora un poi ti do meno soldi del mi' stipendio, perché me ne tengo di più per me, però te cerca di fammi mangia' più aragoste, oratelle e bistecche e meno patate e fagioli, e poi aumenta la paghetta del bimbo perché è cresciuto e c'ha le su' esigenze ..." è probabile che si sentirebbe rispondere :"Senti caro cotesto cetriolo lo vai a rivoga' a la tu' mamma"
La vicenda di che trattavasi non è molto dissimile, quindi il consiglio che dispensiamo ai conterranei nostri è che appena uno dei fautori della campagna pronunci l'espressione "PORTO FRANCO ..." gli si risponda:
"Porta un po' chi cazzo ti pare, ma a noi non ci cetrioli".