Ho conosciuto Renato Nicolini, “l'uomo che reinventò Roma”, nel giugno del 2003 durante la presentazione della ristampa del libro di Fulvio Abbate, “Zero maggio a Palermo”, nella Galleria “Il Segno” di Via Capolecase, trasformata, nell'occasione, in una sezione del PCI degli anni settanta.
Fulvio, che frequentava la sede del Gruppo Parlamentare dei DS dove allora lavoravo, mi aveva chiesto di dargli una mano nel reperire materiale del vecchio PCI (manifesti, volantini, bandiere, striscioni e quant'altro) che io gli procurai attingendo dal mio personale archivio di Portoferraio.
Fu un evento per me straordinario e indimenticabile, sopratutto per l'opportunità che ebbi di poter parlare proprio con lui, Renato Nicolini, e potergli dire quanto avesse influito, anche per noi “periferia”, quel “formidabile programma culturale che spostò gli accenti nella vita di milioni di cittadini” e che passò alla storia come l'”Estate Romana”.
L'idea, che riscontrò un enorme successo, era quella di far vivere la cultura a tutti, rianimando le piazze, i teatri e le vie della città in un periodo particolarmente cupo per il nostro Paese, oppresso dalle paure e dalle tensioni degli anni di piombo.
Fu proprio ispirandoci a quella geniale e coraggiosa intuizione che io e Sergio Rossi, sindaco Fratini, ipotizzammo e realizzammo a Portoferraio, nel biennio 1980/1981, un progetto di manifestazioni culturali incentrato sul tema “Come una città rilegge la propria storia”.
Per due anni, da giugno a settembre, la città visse giorno per giorno una successione di iniziative che la resero protagonista attiva di un'operazione culturale tesa sopratutto a coinvolgere persone e luoghi, fino ad allora trascurati, nella ricerca di un'identità in parte sbiadita, con il gusto di stare insieme e con lo scopo di dare corpo all'idea della cultura come festa popolare.
Le rassegne cinematografiche, film e documentari d'epoca curati dall'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, programmate negli spazi della Linguella appositamente recuperati, consentirono, per la prima volta, di vedere immagini inedite di Portoferraio e dell'Isola dai primi del Novecento fino agli anni della ricostruzione e dell'avvio della riconversione economica con lo sviluppo del turismo.
La “rilettura” della storia della città si avvalse di molteplici strumenti conoscitivi e del contributo volontario ed appassionato di centinaia di persone, stimolate anche dall'impegno dei Consigli di quartiere che allora svolgevano un ruolo importante nell'attività dell'Amministrazione Comunale.
Fu così possibile, tra l'altro, riproporre nel Teatrino del Grigolo la ricostruzione del lavoro domestico e l'organizzazione della casa all'Elba degli anni quaranta; oppure l'esposizione nella sala dell'ex-Eve del plastico e della documentazione del “Piano turistico dell'Isola d'Elba” redatto dalla Studio B.B.P.R. e presentato alla Triennale di Milano del 1939.
E poi mostre fotografiche e di pittura, manifesti e giornali d'epoca, concerti e spettacoli teatrali di memoria popolare realizzati da gruppi locali di cui ancora conservo i copioni, conferenze e dibattiti, musica e balli in ogni angolo della città, tornei e manifestazioni sportive, anche notturne, con il giro podistico del centro storico illuminato dalle torce dei concorrenti, fino alla “orgiastica”sagra della sardina con la padella gigante nel piazzale della Linguella.
Ripensavo a tutto questo quando nei giorni scorsi ho appreso dai giornali la notizia della immatura scomparsa, solo settant'anni, di Renato Nicolini, un uomo geniale che, come lo ricorda Giulia Rodano, “tentò e vinse la sfida di portare nelle piazze i capolavori del cinema, del teatro e della letteratura, restituendo vita e coraggio ad una Roma (e non solo) attaccata dal terrorismo e dalla violenza”.
L'uomo, aggiungo io, che ci dette lo stimolo e il coraggio di fare qualcosa di simile anche da noi, affinché “la libertà di una partecipazione vera, reclamata, voluta come bisogno di vita ed esigenza quotidiana, potesse divenire sempre più libertà di tutti, per una città migliore, più viva, più consapevole e matura”.
Parole di allora, parole di cui forse potremmo avere ancora bisogno per uscire dal lungo tunnel di una crisi che non sembra aver mai fine.
Danilo Alessi
Già, e, tanto per metterci sopra un carico da undici. ricordo che, la sera della sardinata, la mostra archeologica sulle fortezze d'altura etrusche, ordinata da Orlanda Pancrazzi (il nocciolo di quello che poi diventò il Museo Civico Archeologico), allestita nei vicini Magazzini del Sale della Linguella, registrò diverse centinaia di visitatori (paganti): un risultato incredibile e molto "nicoliniano", che dimostrava quanto fosse azzeccata la fusione della cultura, pure accademica, con il quotidiano popolare cittadino.
Ora Danilo, visto che mi hai fatto l'onore di citarmi, vorrei ricordare anche qualche altro protagonista, qualche altra "testa pensante" di quelle stagioni: ad iniziare oltre che dalla citata Orlanda, dal regista Michele Conforti e dallo storico Michele Lungonelli (co-firmatari del progetto) continuando con Mario Palmieri e Patrizia Piscitello (che purtroppo ci hanno lasciato) ed ancora con Peppe Battaglini, Giancarlo Molinari, Gianfranco Vanagolli, Stefano Castagni e, hai detto giusto, la gente di una città che trovava occasione di coesione lavorando a quell'enorme "cantiere" o diventandone spettatore.
Fa nostalgia in questa vacua Mortoferraio - per tornare a Nicolini - ripensare a quel titolo a tutta pagina (la terza) di Paese Sera "Roma e Portoferraio due estati della cultura" francamente esagerato, fin troppo elogiativo per il nostro lavoro, ma che certo insieme a quanto altro scrissero l'Espresso, il Corriere della Sera, Repubblica e l'Unità (per citare solo i più grossi) faceva "immagine positiva" per la nostra isola.
Caro Danilo lo sai che ho sempre avuto la vocazione a fare il rompicoglioni, l'azzoppacavalli, quello che si assume il ruolo di dire le cose più scomode ed antipatiche, che gli altri per magnanimità, pudore, educazione (ed in qualche caso opportunismo) non dicono.
Non mi sottraggo neppure stavolta, perchè chi ha letto fino a questo punto questa storia di 30 anni fa, e non l'ha vissuta dall'interno, è lecito si domandi: "E poi?"
E poi arrivarono i socialisti, nella stagione del craxismo montante in arroganza, quelli del PSI ai quali quell'assessorato troppo pimpante, troppo operativo, troppo di successo, troppo del PCI (anche se poi riusciva a far lavorare gente di ogni risma e colore) insierme e soprattutto a tutti quei (tanti) ragazzi che era riuscito a "caricare" a motivare, faceva terrribilmente ombra.
Pretesero quell'assessorato, in pratica, per anestetizzarlo e poi sopprimerlo, e nel giro di un paio di annetti ci riuscirono benissimo: di quelle felici stagioni "nicoliniane" nella Città di Cosimo non c'era più traccia.
Ora, per fortuna, non c'è più quasi più traccia neppure di quei "socialisti oscurantisti", ed anche quel modo di far politica ha i giorni contati, invece rimangono "operativi" nella loro maturità parecchi dei "ragazzi" che in quel cantiere e nelle esperienze che ne scaturirono sono cresciuti, hanno imparato che il "lavoro culturale" è anche e soprattutto lavoro di squadra e che nella vita si è utili per quanto si riesce a trasmettere quello che si è appreso.
Così quando sento cantare Daniela insieme ai suoi allievi, vedo Francesca dare lezioni di teatro, mi trovo davanti ad Alessandro che conduce un gruppo starnazzante a fare foto (e potrei continuare l'elenco), mi viene da pensare che ne valeva la pena, il sudore, l'impegno disinteressato e pure le furibonde incazzature di fronte alle meschinità e per le ingiustizie patite. Mi viene da pensare che alla lunga abbiamo vinto noi Danilo, in piccolo, come Nicolini a Roma più in grande.
sergio rossi