La tattica della risposta di Zecchini alle mie osservazioni è molto scoperta:
- col pretesto che io scrivo troppo e che lui “non ha voglia di perdere tempo”, risponde solo a pochi argomenti fra quelli sollevati da me, e ne ignora molti altri, anche importanti;
- si atteggia a vittima: lui non voleva polemizzare e perciò il vero aggressore sono io;
- stravolge le mie argomentazioni, fingendo di non aver capito;
- minaccia querele e usa parole offensive, perché vuole suscitare una rissa e nascondere così la pochezza delle sue argomentazioni.
Perciò io mi adeguo alla sua tattica.
Ho preparato una dettagliata replica alla risposta del prof. Zecchini. Ma l’ho suddivisa per gruppi di argomenti e pubblicherò il mio scritto un po’ alla volta, come i vecchi romanzi d’appendice.
La puntata di oggi è dedicata alla clamorosa notizia che Zecchini ha rotto col sindaco sul raddoppio del lungomare. Lui è contrario al mostruoso programma di distruggere la spiaggia lungo il viale della Torre.
Almeno così dice.
Avevo scritto: “col plauso di Zecchini il sindaco di Marciana Marina progetta di coprire con una colata di cemento la spiaggia del lungomare che porta alla Torre”.
Ora Zecchini smentisce: non vuole che il suo nome sia accostato al famigerato imbonimento: la mia affermazione che lui dà il suo plauso alla enorme colata di cemento è una velenosa e infamante falsità. Addirittura Zecchini afferma che ogni collegamento col raddoppio del viale lo scredita moralmente e professionalmente.
Si noti bene l’aggettivo infamante, che ha effetti non solo sugli artefici del progetto (cioè il sindaco), ma anche su chi lo approva.
Si sente talmente infamato e screditato che annuncia che per la mia insinuazione mi querelerà.
Intanto mi intima di vergognarmi: deve essere chiaro che lui è contrario, fieramente contrario alla colata di cemento voluta da Ciumei.
Zecchini ha proprio ragione a protestare, perché quella colata di cemento sulla spiaggia è, come dicono a Napoli, una chiavica, una vera fetenzia.
Cosa brutta, spregevole, ignobile, secondo il dizionario di Tullio De Mauro.
Usando un’espressione dei palestinesi, per un paese che vive di turismo è la catastrofe.
Ecco perché Zecchini considera “infamante” l’accostamento del suo nome a quello del Ciumei.
Per liberarsi da questa infamia, Zecchini prende nettamente le distanze e si affretta a condannare il cemento, prima che arrivino le betoniere.
Sinceramente devo dirgli: bravo!
Ora il sindaco sa che anche il cittadino onorario Michelangelo Zecchini è assolutamente contrario.
Talmente contrario che sporge querela contro chi insinua che invece lui sarebbe d’accordo.
L’aspetto divertente è che, per farmi condannare, Zecchini dovrà dimostrare ai giudici che il progetto del sindaco fa schifo - ma proprio schifo - al punto che Zecchini ne risulta screditato moralmente e professionalmente.
Se io avessi scritto una sciocca bugia (per esempio, che Zecchini va in giro con una lunga barba finta e la cravatta nera annodata a fiocco, suonando la “lingua di Menelicche”), nessun giudice mi condannerebbe, perché la frase non è offensiva: il codice penale non commina condanne per una innocua bugia. E nemmeno il confessore (per chi ce l’ha).
Perché i giudici mi condannino, occorre che Zecchini riesca a dimostrare che la colata di cemento bramata dal Ciumei è la più fetida di tutte le più fetide fetenzie: e perciò infama anche lui.
Se Zecchini ci riuscirà, la condanna avrà un aspetto molto positivo: mi darà pienamente ragione, perché io sostengo che l’imbonimento fa schifo fin dagli anni settanta, quando su questo problema riuscii a attirare l’attenzione dell’opinione pubblica con un articoletto che Ivano Cipriani fece pubblicare nelle pagine nazionali di “Paese sera”.
I cittadini firmarono in massa una petizione, a cui aderì anche il vicesindaco; e il prolungamento della diga del porto fu realizzato senza ricorrere a quell’imbonimento che, col pretesto dei lavori portuali, avrebbe dovuto diventare permanente.
È dagli anni ’70 che, di tempo in tempo, viene ripresentato il progetto del raddoppio del lungomare a spese della spiaggia, con la poco nascosta intenzione di costruire poi, lungo la nuova strada, terrazze e rotonde sul mare e, successivamente, anche casotti di vetro e metallo da destinare a bar, pub, gelaterie, negozi di souvenir e chi più ne ha, più ne metta… E magari anche a un negozietto di anfore antiche trafugate dai tombaroli, come mi è capitato di vedere in un paesino del Peloponneso, tra Nauplia e Olimpia…, perché esistono anche i tombaroli, come mi spiegò tanti anni fa il prof. Adriano Maggiani, che oggi è professore ordinario di Etruscologia all’Università di Venezia e che allora era perspicace funzionario della Soprintendenza archeologica di Firenze.
Comunque so per certo che la Regione non autorizzerà mai lo scempio del raddoppio del viale.
A Marciana Marina molte persone sono rimaste sorprese dalla clamorosa rottura fra Zecchini e il sindaco (sempre che sia una rottura vera).
In precedenza una persona decisamente loquace come Zecchini non aveva mai manifestato questa sua pugnace opposizione. Anzi qualcuno ricorda di averlo sentito affermare che in fondo il progetto del raddoppio del viale avrebbe una sua validità.
Non so se i miei informatori siano forniti di buona memoria. Però esistono due dati di fatto, che sono inconfutabili:
1. A pagina 258 del libro, Zecchini racconta di aver parlato spesso con il sindaco e con i “ragazzi” della giunta, di cui ha “apprezzato vivacità, entusiasmo e voglia di fare per il bene pubblico”. Però l’unico progetto dell’Amministrazione che si conosca è lo sconvolgimento del lungomare con raddoppio del viale e soppressione della spiaggia.
Di altri progetti nessuno ha mai sentito parlare.
Con l’eccezione della “deliziosa” balaustrata d’alluminio anodizzato, appena installata presso la Torre.
Perciò mi sono permesso di interpretare le lodi sperticate di Zecchini ai bravi “ragazzi” come un plauso a quell’imbonimento che è il loro unico progetto.
Avevo interpretato male?
Zecchini - che lodava in astratto la “voglia di fare per il bene pubblico” - ora ci tiene a precisare che la lode non era affatto estesa all’infamante colata di cemento. Meglio così.
2. Nel corso degli anni, lo Zecchini - affetto dalla sindrome di Bartali - ha emesso un profluvio di condanne. Ha condannato le tinteggiature delle case del Cotone, chiedendo che fosse affidato a un architetto l’incarico di redigere un piano del colore (a quando il nome dell’architetto?).
Ha condannato i tradizionali falò che - una volta all’anno - venivano accesi nella festa di San Giovanni, perché per “effetto termoplastico” gli scogli sono scoppiati (ohibò) e si è modificato il profilo d’insieme (pag. 222). Anno dopo anno, falò dopo falò, la scogliera del Cotone diverrebbe quasi irriconoscibile nel giro di poche migliaia di secoli.
Ha condannato le macchie lasciate sugli scogli dalla luminaria della santa patrona (macchie eliminabili con facilità se solo si scegliesse una cera, come quella di soia, che sia biodegradabile in tempi brevi e lavabile con acqua calda).
Ha condannato persino i pochi metri quadrati della pavimentazione in cemento dello scalo del Cotone, facendo capire che bisognerebbe rendere noti i nomi dei sindaci colpevoli, per poterli mettere alla gogna. Perché il cemento (quando è poco) va condannato senza pietà.
Però, nonostante questa propensione forcaiola, si era sempre dimenticato di condannare la gigantesca colata di cemento sulla spiaggia del lungomare.
Si sa: succede che a volte uno sia un po’ distratto.
Ora finalmente ha preso posizione: meglio tardi che mai.
È superfluo dire che il fatto (se è vero) mi riempie di gioia: propongo anzi di affidare proprio a lui il compito di redigere il testo “scientificamente” motivato di una petizione pubblica al Comune, perché quel progetto sia finalmente stracciato e non se ne parli più per i prossimi duecento anni. Ciumei dovrà pur ascoltare i consigli di Zecchini.
Ma forse io ho capito male.
Zecchini è, sì, contrario.
Però, forse, contemporaneamente, è anche un po’ favorevole.
Perché? Un “perché” saprà inventarlo Zecchini.
Gian Piero Berti