Accadde molti anni fa quando ero giovane e.. (facciamo "forte" che è meglio e in tema). Era un sabato di agosto, forse il 13 o il 14, sta di fatto che in quel forno crematorio travestito da palazzo che ospitava gli uffici della Provincia, e della defunta ma non compianta Comunità Montana, erano semi-deserti. I "semi" eravamo nel caso di specie io al secondo piano, e Anna al primo il resto erano dune.
Giova qui ricordare che Anna era una fanciulla in fiore verso la quale madre natura si era dimostrata particolarmente prodiga e benigna tantoché con un raffinato francesismo ferajese la si sarebbe potuta definire "propio 'na bella topa", ma deve specificarsi altresì che ella era assai meno "prodiga" in licenze di quanto il maschio ululante medio avrebbe sperato.
Orbene eravamo entrati insieme nell'inferno di cristallo e, constato di essere gli unici fessi al lavoro con quel caldo assatanato, mentre tutto il resto dell'umanità ilvate o quasi se ne stava in maniche di mutande al mare, ci eravamo diretti verso i rispettivi uffici.
Passavano le ore e la colonnina del termometro continuava a salire, ad un tratto una chiamata mi giungeva sulla linea interna: "Sergio scendi giù non sto bene ..."
Mi precipitai per le scale e l'aspetto della collega non era dei migliori: madida di sudore.. impallidita, parlava con un filo di voce; riuscii a capire però che aveva chiamato il suo medico, che presumibilmente stava arrivando.
L'aver sofferto personalmente di lipotimie (che al contrario di quanto pensa l'assessore non sono macchine per la stampa ma svenimenti) mi aveva reso edotto sul da farsi, attendendo il medico: sbarazzai la scrivania ed aiutai Anna a salire sul piano, le aprii la fibbia della cintura che aveva sul vestito, dicendole di sganciarsi anche il reggiseno, tutto per aiutare la circolazione, e una volta che lei si era posta in posizione orizzontale afferrandole le caviglie gliele sollevai.
Dopo qualche decina di secondi però le braccia in sforzo quella innaturale posizione mi dolevano, la mia "paziente" stava solo un po' meglio. Mi guardai in giro ma non vedevo niente da metterle sotto le gambe per rialzarle, ma risolsi (nel bisogno ci si industria!) brillantemente avvicinatomi al bordo della scrivania, prendendola per le anche ed avvicinandomela e poggiando le sue gambe sulle mie spalle. Ecco, così non sentivo quasi il peso; di lì a poco fece ingresso nella stanza il medico, che si fermò però un attimo sulla porta ad osservare il quadretto.
"Bravo... ma se non ero io a entra' che gli raccontavate?"