Gentile Onorevole Dottor Marcello Pacini
Avevo deciso da alcuni giorni di scriverle questa non breve lettera (che spero avrà, con gli altri lettori la pazienza di leggere) da prima cioè che a seguito della sua generosa concessione (in comodato) di oggetti e cimeli che le appartengono alle collezioni napoleoniche cittadine, fosse intervistato da altri colleghi, e da prima ancora che, come altre volte in passato, approssimandosi le elezioni, iniziando il solito “tormentone”, il suo nome iniziasse a circolare a Portoferraio come possibile Sindaco di Portoferraio o (chissà) dell’auspicabile Comune Unico dell’Elba.
Benché ad entrambi abbia dato i natali la località “Brunello”, sottofrazione di Carpani, ci conosciamo personalmente poco; avremo scambiato in quasi mezzo secolo qualche episodica frase, ma non dimenticherò mai l’occasione in cui, per la prima volta, ebbi la ventura di sentirla parlare, ne conservo anzi un vivido ricordo.
Correvano gli anni ’60: io ero un ragazzino (comunista) che assisteva alla seduta del Consiglio Comunale alla Biscotteria, lei un giovane sindaco democristiano, che, se non mi sbaglio era in quel frangente “impallinato” dal “fuoco amico” della stessa DC.
Ho ancora nelle orecchie la frase che scandì, alzandosi in piedi, grave e sdegnosa: “Qui, per Diana, si sta mettendo in dubbio la mia personale onestà!”.
Ricordo che provai un istintivo moto di simpatia nei suoi confronti, non conoscevo nei dettagli la vicenda della quale si trattava, però ebbi la percezione netta della sua sincerità.
Ma da quel primo breve e tormentato “pontificato” cittadino lei, come molti “cervelli” ferajesi della sua, e poi anche della mia generazione, spiccò il volo verso il continente e verso una prestigiosissima carriera, che la condusse nientemeno che alla pluriennale direzione di un istituto come la Fondazione Agnelli, divenendo al contempo una sorta di continentale “guru” per i suoi amici rimasti sullo scoglio, in particolare per i suoi ex-sodali della sinistra DC di Portoferraio che, dopo lo strappo del 1973, uscirono dalla “Balena Bianca”, e poi in buona parte approdarono nelle fila del PCI.
Visto che siamo a chiacchiera, e per rendere, a chi non c’era, l’idea di quanta considerazione godesse il suo pensiero tra di noi, le segnalo un buffo episodio.
Al termine di una delle 1200 animate discussioni avute con Giovanni Fratini (a cui voglio un bene dell’anima), ragionando di una importante decisione “di indirizzo” amministrativo-gestionale, destinata ad avere ricadute sul futuro della città, eravamo giunti alla perfetta spaccatura della segreteria di zona dell’ultimo PCI, io sostenevo una idea-tesi che Giovanni ostinatamente non accettava come fattibile, senza, a mio avviso, argomentare sufficientemente. Così quando cercai di stringerlo con un secco: “Dimmi, perché non sarebbe possibile?” Giovanni si lasciò quasi sfuggire un: “Ne ho parlato con Marcello …” che mi fece poco elegantemente sbottare “E a me m’importa una sega se Marcello non è d’accordo!” mentre una buona parte dei presenti non capiva di qual Marcello trattavasi.
Qualche tempo dopo mi sorprese molto negativamente la sua candidatura e poi la sua elezione nelle fila dei parlamentari alla corte del Cavaliere Maskarato. Che ci faceva una persona intelligente, seria, colta e “liberal” come lei in quel caravanserraglio di acritici famigli, vecchi arnesi riciclati, nani, post-fascisti e ballerine di Forza Italia? Molto meglio il giovane sindaco indignato, pensai.
Si chiederà a questo punto dove voglio andare a parare .. Vicino, mi sposto di appena qualche chilometro, quanti ne bastano per approdare davanti al serrato cancello in stile condominio brianzolo che chiude al resto del mondo, ormai da tempo immemore, la Villa Romana delle Grotte la cui proprietà è di una benemerita fondazione di cui proprio lei è il Presidente.
Orbene, Dottor Pacini le assicuro che negli ultimi tempi abbiamo registrato (anche in questo giornale) una (lunga) serie di lettere di protesta per la non accessibilità di quel monumento che pure è (giustamente) assai citato tra le maggiori attrattive culturali, paesaggistiche e monumentali di quest’isola; un vero stillicidio culminato qualche settimana fa con la civilissima incazzatura di una trasgressiva signora romana, penetrata piratescamente nell’area recintata, che riportava il sintetico commento di un compagno d’avventura: “Ma sono matti gli elbani ad avere una cosa come questa e tenerla chiusa?”.
Ordunque atteso che la Fondazione da lei presieduta, non so per quali ragioni, non è evidentemente in grado di far fronte alla manutenzione e soprattutto a rendere fruibile quella struttura (dalle foto che ci sono giunte, la parte Ovest pare sul punto di essere ricolonizzata dalla macchia mediterranea), ispirato proprio dalla sua “napoleonica” generosità, le faccio una sfacciata proposta: perché, ancora con il benestare della venerabile Soprintendenza, di atto generoso non ne compie un altro, dando ancora in comodato quell’area, ad esempio ad una cooperativa sociale, vincolandola a mantenerla sorvegliarla e renderla visitabile dai cittadini dell’Elba e soprattutto dai loro ospiti?
Non crede che così in un colpo solo, si creerebbe un po’ di occupazione e si migliorerebbe l’immagine turistica della nostra isola?
Se ciò accadesse Dottor Pacini la sua fondazione raccoglierebbe, a compenso degli improperi che gli vengono quotidianamente indirizzati, molta e nuova gratitudine da parte della gente dell’Elba e della gente che viene all’Elba.
Perfino un coriaceo comunista come me potrebbe essere tentato di smettere di scrivere che la detenzione privata di un tale emergenza storico-monumentale, più che un nonsense, è un abominio, e di smettere di auspicarne la riconduzione al pubblico patrimonio, tranquillizzando al contempo la giunta di centrosinistradestra di Portoferraio che ogni volta che sente parlare di “esproprio” cade in blocco in deliquio.
Chiedendole perdono per aver tanto abusato del suo prezioso tempo
sergio rossi