Luigi Coppola, Consigliere del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, personalmente toccato dalla ultima tragica vicenda piombinese (un suo congiunto è tra i tredici deceduti), ha rilasciato la seguente breve dichiarazione:
“Riprovevoli gli attacchi ingiustificati e peraltro pretestuosi all'Avvocato Cesarina Barghini (difensore della infermiera arrestata NDR).
Grazie a Dio non siamo nel Far West, ma in uno Stato di diritto, dove sono, nonostante tutto, ancora garantiti la salvaguardia ed il rispetto dei diritti e delle libertà di ciascuno”.
Condivido pienamente le parole di Coppola aggiungendo di essere stato, anche io, sfavorevolmente impressionato dalle minacciose offese subite dalla professionista sul web e sui social network, luoghi di comunicazione che troppo spesso si trasformano in una sorta di “bettola espansa”, dalla quale l’ultimo “briacone”, si direbbe in ferajese, può permettersi (purtroppo quasi sempre impunemente) di calunniare, formulare ingiurie, istigare alla violenza e all’odio, e proporre le sue scempiaggini, non alla cerchia di avvinazzati suoi pari, ma all’universo mondo
Per avventura personale mi sono ritrovato ad essere tra i primissimi ad usare professionalmente la rete ed a viverci dentro come (modesto) informatore.
Credo di aver assistito, in questi ultimi 20 anni, parallelamente alla crescita del numero dei soggetti “connessi”, ad un imbarbarimento del comunicare, per finire con l’essere sommerso da un blog, un’indistinta marmellata di sciatteria, utilità oggettive, banalità, intelligenza, falsità ed opportunità, volgarità, truffe genio e ignoranza, fino all’orgoglio dell’ignoranza.
Il parallelo della navigazione e divenuto quanto mai calzante a posteriori, ora che il web è un oceano sterminato nel quale è perfino pericoloso muoversi, e tenere le rotte è un bel casino.
Il pericolo che avverto è che “la grande marmellata” inghiotta le future generazioni, rendendole sempre più ”informate” (di cose serie e puttanate) e sempre meno dotate di capacità critiche, quindi sempre più omologate, quando il primo patrimonio della nostra specie è la sua capacita di diversificarsi, di ricondurre sì processi a razionali schemi, ma pure romperli gli schemi, inventare e perfino sognare, perché è stato detto che solo chi sa sognare contribuisce a cambiare e far evolvere la società.
E così, mano mano che vedo avvicinarsi il momento di passare la mano, mi cresce dentro insieme alla necessità di dare il mio infimo contributo, perché chi verrà si trovi in un mondo con meno ingiustizie e meno violenze, sull’uomo e sul pianeta, un mondo con meno kalashnicov e meno trivelle, mi cresce dentro – dicevo – anche l’aspirazione ad una società che sappia praticare una sorta di “ecologia del comunicare”, a partire proprio da un virtuoso disinquinamento del web, praticato puntando più sull’educare ed il rieducare che sul reprimere. Ci vorrebbe (e non dico niente di originale, ci ha pensato infinitamente meglio Eco) davvero una “buona scuola” in cui covare, far crescere, anche in complessità, la comunicazione, non come “arte” e neppure come “tecnica”, ma come scienza e coscienza del comunicare.
Spero che gli sparuti lettori che hanno fin qui eroicamente sopportato, mi perdonino l’ a sciambere irrituale, incapace di strappare fin qui un sorriso.
Queste quattro “serie” favate mi urgeva scriverle.