Caro Sergio,
la notizia della morte di Paolo Manzi mi ha profondamente addolorato. Lo conoscevo, eravamo amici da una vita. Fin da ragazzi. Io nato e cresciuto in piazza Padella e lui in Via dell’Amore.
Stamani leggo che la notizia “piace” a 65 tuoi lettori! Ma Cristo, mi sono detto, come è possibile che 65 persone, che come me saranno fortemente dispiaciute per la scomparsa di Paolo, siano costrette ad esprimere il loro stato d’animo con un “mi piace”?
E’ mai possibile che con tutti questi stramoderni modi di comunicazione nessuno abbia ancora pensato di consentire a chi ne fa uso di esprimersi anche con un “mi dispiace”?
Sono convinto che Paolo ci riderebbe sopra. Io no, non ce la faccio. Anzi, m’incazzo!
Ti saluto
Giovanni
Caro Giovanni,
Quando giusto qualche giorno fa ragionavo per iscritto sulle potenzialità, ma anche sui limiti della comunicazione sulla rete, nel declinare gli esempi di incompletezza, approssimazione o rozzezza emotionale del web, avevo in animo in un primo momento di inserire in elenco più o meno la stessa tua osservazione sulla improprietà dei "Like"
Ma devo dirti che ad esempio FB ha prevenuto da un po' la tua critica, se osservi bene scoprirai la recentemente aggiunta possibilità di commentare oltre che con il Like, anche con una "emoticon" da scegliere tra le seguenti sei: O.K., cuoricino amoroso, faccina da bischero divertito, faccina da bischero stupito, faccina da bischero con lacrima, faccina da bischero incazzato.
Quindi il combinato disposto (tanto per usare un termine abusato) ti consente di dare al like, non tanto il significato del "mi piace la notizia" quanto "è giusto che ne hai parlato" (come i 65 credo intendessero) e di dire coll'emoticon: sono proprio d'accordo, mi piace/i (i cuoricini sono un po' ambigui), ahah che risate quando si ride!, sono stupito, ci piango, so' imbufalito.
Potrei e potresti osservare che è una opportunità di espressione emozionale un po' grossolanamente per sommi capi, ma non credere che sia stata concepita da una grossolana mente, no stai tranquillo che quelle faccine, quella selezione di emozioni, sono il prodotto di un'accurato studio, i cosiddetti "social" sono prodotti commerciali intorno ai quali gira una massa spaventosa di soldi, nulla vi accade per caso.
E la comunicazione per essere gestibile e funzionale sui social deve essere ridotta all'osso, così come i tempi di comunicazione, ciò ovviamente a scapito di approfondimento, riflessione, reale dialogo tra le infinite parti. Il confronto delle idee da una casalinga consolle (o da uno smart) ad un'altra, è un simulacro di dialogo, non si riesce compiutamente a discutere e neppure a litigare (in un ambiente che istiga peraltro alla litigiosità)
Lo pensavo da tempo, ma ne ho avuto piena contezza questa mattina in una "discussione", FB con un Maggiorente politico para-locale (ed altro para) molto incline a magnificare le sue imprese, di quelli tra Totò "tu non sai chi sono io" e Caterina Caselli rivisitata "nessuno mi può giudicare nemmeno tu" (che non hai i titoli).
Sai Giovanni a chi ho pensato, mentre quella sprezzante mongolfiera di presunzione lasciava il cielo di noi poveri stronzi, per ascendere all'Empireo degli eletti? Ho pensato a Marx, ma non a Karl, che prima di Ottobre, dopo Ingrao la Iotti e Berlinguer, troveremo sui manifesti elettorali insieme a Lenin e Mao Dze Dong in veste di supporter del plebiscito renziano, per incidente legato alla riforma della Costituzione di TUTTI gli italiani. No il Marx a cui ho pensato è Groucho per la sua fulminante battuta "Chi lo ha detto che la TV non produce cultura? Appena accendono un televisore a casa mia, me ne vado in un'altra stanza e comincio a leggere un buon libro".
Mutatis Mutandis (spiega all'assessore che non trattiamo di intimo) si potrebbe oggi parafrasare la boutade marxiana per la rete e - detto da chi per mestiere ci trascorre da un mare di anni un mare di tempo - suggerire, specialmente ai più giovani di essere un po' meno social e più sociali, di usare intelligentemente le risorse della rete ma anche spengere di tanto in tanto i luminosi trabiccoli per incontrarsi in spazi fisici e non virtuali, per discutere, lavorare, litigare, mangiare, fare sport, fare sesso (che fa bene alla psiche ed alla pelle) insieme, come normali esemplari di Homo comprovatamente sapiens, e non come simulacri dei medesimi comunicanti elettronicamente. Gioverebbe, magari indirettamente, anche alla politica. Non credi?
Ti Saluto
sergio