Sotto un cielo londinese bianco come le meravigliose abitazioni che mi circondano, e una pioggia a scroscio, ho finalmente letto con calma il tuo affettuoso A Sciambere “Ciao Mario”. Lo conoscevo poco, Mario Castels, eppure ripenso anch’io a lui che, se mi incontrava per la piazza Cavour, mi veniva incontro e mi chiedeva, diretto: “Fammi vedere le mani!”. La nostra era un'intesa di poche parole: con uno sguardo inquisitore, veramente interessato, si preoccupava di sapere se avevo mantenuto fede al nostro impegno cosi solennemente intrapreso quando, al tempo delle elementari, fui iniziata da lui alla vela. Per tanti anni, fiera, gli ho mostrato i miei palmi con i segni visibili delle scotte.
Indelebile è il ricordo del mio corso, mai veramente completato, scosso come fu fin dall’inizio dalle sferzate del libeccio alle Ghiaie. Davanti a un mare ribelle che ci bloccava a terra, ai Bagni Elba ho imparato i primi nodi marinari insieme a un gruppetto di bimbetti portoferraiesi come me. Dopo giorni di attesa che sembravano infiniti, più per impazienza nostra che per condizioni marine ristabilite Mario ci portò finalmente sul suo Finn rosso, una barca splendida, tutta di legno, che rivedo insieme al cielo terso di quella giornata. Senza tanti complimenti fummo comandati a bordo, quasi al volo, sbilanciati dalle onde che si mischiavano alla risacca. A turno, ognuno fece il suo battesimo al timone, alla randa, al fiocco. Ci guardavamo in silenzio, increduli di tanta fiducia, di osare così tanto. Parlavano per noi i nostri occhi, spalancati, spruzzati di acqua freschissima. Non c’è niente di più esilarante di un bel lasco con vento teso. Fino al ritorno, dove, per nostra inesperienza, per nostra impazienza, e con grande disperazione generale, gli spaccammo il timone ributtati verso riva sulle ghiaie. Mario fu un gran signore. Il corso chiaramente finì così, per motivi diciamo “tecnici”, ma non disse una parola dura, non ci brontolò. Ci insegnò in questo modo che il mare non perdona, ma anche che in mare, più che in ogni altro luogo, il lavoro di squadra, l’intesa e l’armonia sono elementi insostituibili. Non ultima, seppe trasmetterci quella passione che mi faceva sentire ancora complice quando, di ritorno all’Elba, aspettavo di incrociarlo per la strada, sicura della sua “ispezione”. Mi mancherà, Mario.