Giorgio Cascione mi raccontò un giorno di una scenetta (che vedo di riscostruire) accaduta in un cinemino piaggese, dove si stava proiettando un vetusto "Western"... Dunque, l'impavido eroe, un gringo col mascellone perfettamente rasato, sentiti dei rumori sospetti era uscito dall'abituro con il Winchester spianato in mano, ma il crudele selvaggio, a culo seminudo, e con l'immancabile penna, era in agguato su una sovrastante roccia, armato di tomawack, e attendeva che il duro colono si avvicinasse per balzargli addosso. La scena era ricca di un pathos che particolarmente aveva catturato un tizio soggiornante a Rio Marina ma di origine campana, il quale nel momento topico, quando l'indiano stava lanciandosi sulla vittima designata, urlò a squarciagola: "Attanzione!!!" provocando la generale comprensibile ilarità.
Forse fu per quell'opportuno avvertimento o perché pure l'aggressore (selvaggio ergo tonto) si era messo a berciare lanciandosi, che il prode con una fulminea mossa si volse e gli sparò d'imbracciatura, seccandolo al volo come fosse una beccaccia...
A dire la verità a me i western non piacevano molto neppure da bimbo, facevo prematuramente il "tifo" per pellerossa (ben prima che Hollywood iniziasse a produrre filmiche narrazioni politically correct - Assessore torni alla Gazzetta dello Sport - dell'epopea western e del criminale genocidio delle etnie native).
Stavo dunque dalla parte degli indiani, che però erano sempre rappresentati come stronzi, brutti, sudici, ladri, assassini, stupratori (però... che strano, l'immigrati erano quell'altri e gli italiani già non mancavano!) e finivano nei film, giustamente, sempre tutti morti ammazzati.
In realtà, nonostante la disparità delle forze e delle tecnologie in campo, qualche soddisfazione i guarniti di penne se la tolsero. Una sconfitta clamorosa, frutto della presuntuosità, del non capire i propri limiti, dello scarso acume militare, l'esercito americano la subì a Little Big Horn, dove un intero reparto dei soldati in giacca blu, comandato dal Generale George Amstrong Custer, fu massacrato dai guerrieri Lakota Sioux, Cheyenne e Arrapaho guidati da Cavallo Pazzo, Toro Seduto e Fiele (che a giudicare dal nome doveva essere tosto, una specie di Umberto "Veleno" Ammazzantini dell'epoca).
Per la cronaca l'unico degli uomini di Custer a salvare le chiappe, fu un trombettiere fiorentino - tal Giovanni Martini ribattezzato John Martin - spedito a chiamare rinforzi che giunsero solo quando gli indiani si erano già cucinati tutti, Custer compreso.
Cari lettori mi è frullato per il capo di raccontarvi questa storia perché c'è un personaggio elbano dei nostri giorni che inizia sempre di più a ricordarmi il generale Custer.
Mi riferisco al Sindaco di Portoferraio che ha fatto della Biscotteria la sua Little Big Horn e ignaro dei dei moltissimi "Arrenditi sei circondato!" continua a opporre un'eroica resistenza al centro di una truppa sempre più decimata dall'infernale carosello al quale partecipano i guerrieri delle più feroci tribù uscite dalle riserve indiane, e viene attaccato a colpi d'ascia di pietra dagli spietati scotennatori capoliveresi, infilzato dagli strali dei "pueblos" degli impalatori marcia-marinesi (che di solito se le danno di santa ragione tra di loro, ma che il Ferrari ha compiuto il miracolo di riunificare), colpito dalle lance affilate che piovono dai Piedi Incazzati Neri delle alture di Val di Denari, accoltellato dai sanguinari della tribù dei revisori.
E in più il nostro biondo e occhiceruleo eroe, rispetto a Custer neanche può contare su chi gli copra fedelmente le terga, poiché, al pari di colui al quale scivolò la saponetta nella doccia e troppo tempo perse per raccoglierla, se gli cadesse di mano la Colt e provasse a recuperarla, ci sarebbe chi nel suo campo approfitterebbe dei piegamenti senza indugio.
La prognosi (politica eh, ci mancherebbe!) non può che uniformarsi a quella che un illustre clinico locale del passato formulò nei termini: "O campa poco, o more presto"