E' una specie di rito annuale quello che compio: attaccare l'ennesimo bollino autoadesivo sul tesserino - ormai d'epoca - dell'Ordine dei Giornalisti n. 55066, che ne risulta pavimentato.
Il minuscolo documento è un po' disastrato, non dalla frequenza delle sue esibizioni (quattro o cinque, qui ci si conosce tutti) ma dal lungo permanere in tasca, nel portafoglio, ed ha le scritte leggermente stinte da un accidentale "bagno vestito", un involontariamente comico tuffo in mare a San Giovanni, dal vecchio pontile di legno marcio e traditore.
E' ancora leggibile la foto tessera di un uomo che potrebbe essere mio figlio (se solo avessi avuto figli maschi) che, ancor più che le scritte vergate a mano con buona grafia, dà il senso degli anni ruzzolati via.
Ma quando si ricorda è fatale scivolare ancora più indietro nel tempo, e mi accade di essere pilotato più di venti anni prima che quel tesserino lo staccassi, ufficializzando un'attività che già esercitavo da una vita.
Mi rivedo al termine del vero primo articolo, scritto su una Olivetti Lettera 22; il pezzo tratta "la condizione giovanile" e siamo nella Portoferraio degli anni '60. Fino ad ora, su quel periodico locale edito dal PCI (Elba Oggi), ho pubblicato articoli che trattavano di musica e delle (allora) numerose "rock-band", più casarecciamente chiamate "complessi" elbani, ma niente di "serio".
Siamo in due a rileggere, accanto a me c'è Sauro Giusti, un "omone", un cavallone di razza del Partito, che alla fine ridacchiando commenta: "Dé, ma sei proprio una belva!"
Ha ragione! La presa per il culo è giustificata: l'aggressività dello stile e delle affermazioni è smisurata, la rabbia adolescenziale è debordante, il voler mettere troppo dentro quelle trenta righe mi ha fatto incasinare, la mia tendenza a "prendere foco nell'acqua" c'è tutta, e non è casuale che Uberto Lupi mi chiami già "Il Matto delle Giuncaie", nomignolo che fa ridere anche chi non coglie la colta citazione di Fucini.
Però... però cerco di ricordare la sostanza di quel pezzo scritto con i piedi, al netto delle esagerazioni e dei toni trucibaldi, e piano piano riemerge tutto: la ferocia verso una giunta incapace di governare ed ascoltare i giovani, la difficoltà a procurarsi un vero lavoro, il clientelismo impazzante, le scuole che cadono a pezzi, l'assenza di una politica culturale degna di essere chiamata tale.
Ops... ma siamo sicuri che sia passato mezzo secolo?