Il signor Mauro Cintoi, pubblicando su facebook l'immagine scattata in Calata, sulla Darsena ferajese che riproduciamo, si pone la domanda un po' retorica:
"Ma chi avrà dato l'autorizzazione a chiudere la passeggiata?"
Orbene la letteratura, cosi come la saggezza popolare proporrebbero una gamma di preconfezionate risposte, si va dal "vuolsi così colà dove si puote - cio che si vuole e più non dimandare" del Sommo Poeta alla goliardica "Legge del Bisenzio" (corollario della più nota "Legge del Menga") che impone di "far silenzio" al tapino sodomizzato.
Restando in argomento ci parrebbe opportuna anche una revisione toponomastica: la Calata, intitolata al patriota Giuseppe Mazzini, potrebbe diventare più coerentemente: la "Calata di Brache", inteso che le mutande forzosamente ammainate sono quelle dell'interesse comune, quindi le nostre, gli autori del discoprimento (figurato, almeno per ora) dei nostri derrière, gli augusti amministratori che tutto il mondo c'invidia, e gli "utilizzatori finali" i disinvolti "intraprenditori" ai quali benignamente vengono "concesse", pezzo per pezzo, porzioni sempre maggiori della nostra città, della nostra storia, della nostra anima. Tutto perché il sacro registratore di cassa loro continui a ronzare e che il ronzio cresca all'infinito.
Ma "chi è causa di suo mal, pianga sé stesso" cari ferajesi, che più che invecchiamo meno vi riconosciamo, così inclini (oltre che inclinati a gradi novanta) a subire tutto ciò.
Coloro che dovrebbero rappresentarvi e difendervi, preservare il patrimonio comune, ve li siete scelti... "puppatevi i diti!".