A Bologna è stato sgomberato ieri l’altro il centro sociale Làbas. Era nato (nel 2012, mica ieri) nella ex caserma Masini, 9000 mq abbandonati nel centro della città.
Bene, diranno in molti, sarà stato un covo di tossici e spacciatori, immigrati clandestini, rom, puttane e magnaccia, insomma una stratificazione di umanità con la quale è difficile convivere.
Peccato che così, sembra, non fosse. Fra i molti, autorevoli o sconosciuti, che si rammaricano di questo sgombero, dice il sindaco di Bologna: - Ho sempre detto e lo ripeto anche questa mattina che le attività condotte all'interno del centro sociale Làbas meritano attenzione perché sono attività importanti rivolte a fasce della popolazione come i giovani, i bambini e i più deboli. Auspico quindi che si riesca ad avviare un percorso per trovare una soluzione alternativa per il centro sociale, percorso nel quale il Comune di Bologna già da tempo è pronto a fare la sua parte"- Lo sgombero, dice sempre il sindaco Merola, è stata una decisione autonoma della magistratura sulla quale non ho possibilità di intervenire-.
Se qualcuno volesse approfondire può farlo su internet. Ad esempio qui, su un giornale che, per vocazione, non si intenerisce sui centri sociali.
Da quanto leggerete avrete la descrizione di un bene comune importante e in stato di profondo degrado occupato, è vero, illegalmente, anche se a questo proposito i portavoce di Làbas dichiarano che da tempo tentavano di avere un confronto con la Cassa Depositi e Prestiti, proprietaria formale del bene, per regolarizzare la situazione ma senza risultato. Fattostà che Làbas era, per molti, un vero centro sociale, accettato dalla maggior parte dei bolognesi, frequentato dalle famiglie, con spazi (molto usati) per bambini, con cose come una biopizzeria, una biblioteca, una birreria, un’aula/studio attrezzata, un posto dove riparare le biciclette, addirittura con un dormitorio ben organizzato per i senza tetto, un servizio di consulenza per trovare lavoro o per rinnovare un permesso di soggiorno. Poi feste, (da ventimila persone) e spettacoli (mai successo un incidente). Era insomma uno spazio IN-clusivo, come del resto un bene comune se usato bene (scusate il gioco di parole) dovrebbe normalmente essere.
Stride il contrasto con il nostro Faro di Punta Polveraia, l’ennesimo bene comune che si vorrebbe trasformare in affare privato per farne uno spazio ES-clusivo.
La pesantezza dei prefissi.