In questo Paese chiunque si azzardi a richiamare a comportamenti oculati e prudenti nell'uso del territorio viene sommerso dagli insulti, sbeffeggiato e definito nemico del progresso e dello sviluppo, "Cassandra", profeta di immaginarie sventure; succede in Italia e l'Elba è - sotto questo profilo - italianissima.
Quando poi accade, con quasi svizzera puntualità, che il territorio presenti il conto della sua fragilità e le case crollano per una scossa di terremoto di una intensità che altrove (es. in Giappone) verrebbe considerata alla stregua di una sismica scorreggina, quando una pioggia più intensa del solito diventa una sciagura, e si contano morti schiacciati dalle macerie o annegati e devastanti ricadute sociali economiche su aree più o meno vaste del paese, allora si impreca contro il destino cinico e baro, immemori di quanto già più di due millenni fa era stato scritto (lo traduciamo per non surriscaldare le meningi dell'assessore): "Ciascuno è artefice della propria sorte".
Ma torniamo all'Elba, per ricordare che in quest'Isola per qualche anno è stata largamente praticata una disciplina che definiremmo la "caccia (figurata) a Mario Tozzi".
Ma cosa rendeva così antipatico, inviso ai più, l'ex Presidente del Parco? La sua totale, talvolta perfino ingenua, mancanza di diplomazia nel parlare agli elbani (e a molti rapinosi ospiti) delle loro malefatte ambientali e territoriali e, da uomo di scienza, denunciarne le probabili devastanti ricadute.
Spiegava Tozzi, tanto per fare un esempio, che lo sviluppo urbanistico di Marina di Campo era difficilmente definibile con un appellativo diverso da demenziale: aver impermebilizzato con il cemento e il bitume i piani alluvionali, costruito scuole in località chiamate "Stagnone", realizzato un paese-diga tra il mare e lo sbocco delle valli, altro non poteva produrre che cicliche alluvioni, di probabile crescente gravità.
Sosteneva Tozzi che l'abusivismo (così come anche il costruire "senza necessità" seconde e terze case, bruciando inutilmente territorio) era un cancro da estirpare, e più di una volta gli abbiamo sentito fare riferimento a due realtà insulari dove si era edificato in maniera scellerata, come esempi negativi di elefantiasi cementizio-ricettiva: Malta e guardacaso Ischia (che altri al contrario osannavano come magistrale esempio delle vie amministrative), territorialmente molto più piccola dell'Elba ma con almeno 20.000 abitanti (veri) in più, con molte più strutture ricettive e con un abusivismo molto ma molto più diffuso.
Sappiamo già che qualche interessato partigiano dello "sviluppismo ad ogni costo" obietterà che l'Elba è in zona asismica, che qui non si corrono i rischi di un terremoto e che, a differenza di Ischia, l'Elba non sta col culo appoggiato ai bordi di un vulcano pronto a svegliarsi (quello dei Campi Flegrei) ... vero, ma vero anche che le ultime vittime "della natura" e devastazioni ischitane (250 persone senza tetto e 4 morti solo nel 2006, uno stillicidio di episodi "minori" - anche con vittime - negli anni successivi... ) sono state causate da alluvioni e frane di un territorio "vendicativo" che ha reso amaro pane per focaccia a chi lo ha violentato.
A Ischia - la cui superficie è un quinto di quella elbana - abbiamo appreso nella notte - quando la terra ha tremato c'erano più di 250.000 persone ... bene, fate la proporzione e pensate ad una qualsiasi emergenza territoriale (incendi massivi come se ne sono visti, alluvioni) in un'Elba su cui siano stivate più di un milione di persone ...
Aveva proprio ragione il vituperato Tozzi, meglio non fare la fine di Ischia.