PROVOCAZIONI DEL CIUMEI CONTRO LA SINDACA
LA FASCIA TRICOLORE CHE VENIVA DALLA CINA
Tutti i sindaci − per legge − hanno una fascia tricolore come segno distintivo della loro funzione.
Su Internet ho visto che il prezzo di una fascia tricolore (in seta, con stemmi ricamati a mano) non supera 220 euro.
Dieci anni fa, il Ciumei riuscì a spendere 449 euro.
Più del doppio.
Come si spiega che per un paio di metri di nastro tricolore il Comune abbia speso tanto?
Forse le nappine sono d'oro.
Oppure Ciumei ha scelto la famosa seta Tussah, ricavata dai bozzoli di bachi rinvenuti allo stato selvatico nei boschi della Cina. E se l'è fatta spedire a dorso di cammello, lungo le vie carovaniere, attraverso il deserto del Gobi e le favolose città di Bukhara e Samarcanda.
Ora quel raffinatissimo emblema del Potere è scomparso.
E sembra che sia scomparsa anche un'altra fascia tricolore, più economica, lasciata in municipio dal sindaco Martini.
Gli impiegati hanno cercato dappertutto: nessuno sa dove le due fasce birichine siano andate a rimpiattarsi.
Per la nuova sindaca bisognerà che il Comune acquisti una terza fascia.
A proposito di fatti inspiegabili ai limiti del paranormale, si vocifera che siano scomparsi (per levitazione?) anche alcuni delicati fascicoli: quello del restauro della Torre e quello della Bandiera blu assegnata alla nostra spiaggia. Di altri fascicoli non so: mi è arrivata qualche voce inquietante, ma ancora molto vaga. Verificheremo.
Non si può parlare di "giallo", perché manca il cadavere, manca il killer, e non si intuisce il movente.
Mi viene in mente un romanzo salgariano, pieno di colpi di scena: "I misteri della jungla nera", col perfido thug Suyodhana che ordisce imboscate contro Tremal-Naik. Era tra le mie letture preferite, sessantacinque anni fa.
VERY VERY BRITISH
Nella notte della sua Caporetto elettorale, il Ciumei − sfoggiando uno stile inaspettatamente britannico − scrive un post per complimentarsi con la signora Allori.
Frastornato dai numeri impietosi dello scrutinio, in un attimo di debolezza, abbandona la sua abituale ferocia nei confronti degli avversari, che lui ha sempre trattato da «nemici», cercando di umiliarli e intimidirli.
Anch'io l'ho sperimentato di persona, prima che Ciumei si rassegnasse a non rispondermi più.
Ma i toni insolitamente umani della notte della tramvata fanno presto a scomparire. Dopo pochi giorni, Ciumei comincia a alzare la voce, annunciando su Facebook la guerra a oltranza contro la nuova Amministrazione.
E alla fine di luglio − appena sei settimane dopo le elezioni − invia la famosissima lettera con la lezioncina sulla "dialettica hegeliana", che passerà alla storia come il monumento autocelebrativo dell'intelligenza, cultura e umiltà del Ciumei.
La nuova sindaca era appena entrata in municipio: e già il Ciumei parla di "inconsistente gestione Allori".
L'elenco delle accuse è spaventoso. "Errori macroscopici". "Scelte o non scelte scellerate per il paese". "Affidamenti di servizi al limite (o forse oltre il limite) del danno". "Figure di c. colossali".
Ciumei sceglie le parole una a una, per ostentare la sua aggressività. Vuole riaffermare il principio che, sebbene sconfitto, resta lui il vero padrone del bacolaio.
È il linguaggio sprezzante e prepotente, che per dieci anni ha riservato ai suoi oppositori, confidando nell'appoggio del Grande Luminare Zecchini, che si inventava anche errori inesistenti, per mettere a tacere gli avversari del suo protetto.
Tra le colpe della sindaca elenca persino i "tubi che non sono stati puliti e ci regaleranno un’estate profumata indimenticabile". Gli sfugge − povera stella − che i tubi dovevano essere puliti "prima" della stagione turistica, quando il sindaco era lui, e che in dieci anni non aveva pensato a dotare il paese di un vero depuratore.
LA METAFORA DELLA CACCA
Ma c'è una frase che vorrei segnalare al lettore: la splendida metafora delle "figure di c. colossali", dove la "c" seguita dal puntino è l'abbreviazione di "cacca".
Faccio notare che non si tratta di una conversazione informale al bar, tra vecchi amici un po' strafatti di grappini e coca. Quella lettera è il primo documento che il vecchio sindaco sconfitto alle elezioni e i suoi dieci compagni di lista inviano alla nuova sindaca votata dalla netta maggioranza dei cittadini. La lettera è registrata al protocollo e acquisita agli atti del Comune. Sarà custodita negli archivi, per la gioia degli emuli di Zecchini, che tra qualche secolo la citeranno nelle loro tesi di laurea.
I dieci signori che la firmano si permettono di rinfacciare alla sindaca di aver fatto «figure di cacca colossali».
Perché hanno scelto proprio la metafora della cacca? Non esistevano altre forme un po' più dirozzate per esprimere le loro critiche? Non poteva dire "brutte figure", "pessime figure", "figuracce spaventose"…?
Immagino che qualcuno penserà che questo è ormai il linguaggio dei giovani e che io protesto in nome di un perbenismo fuori moda. Ma anche se Grillo ci ha abituato ai suoi "vaffa day", mi sembra inammissibile che nella prima lettera ufficiale dell'opposizione dieci maschi si rivolgano a una donna contestandole di aver fatto "figure di cacca colossali".
Fingendo un'improvvisa pruderie, i dieci gentiluomini ricorrono all'abbreviazione «c.». Ma col puntino o senza puntino, i dieci (che non sono più ragazzini) hanno rivolto quella frase becera a una signora, che rappresenta tutto il paese.
E io voglio dire con chiarezza che il fatto mi scandalizza, perché è sotto il limite della decenza.
Che ne direbbero Ciumei e soci (o «Ciumei e &» ?) se i nuovi amministratori prendessero un foglio di carta intestata e rispondessero a tono con un bel «vaffa» registrato al protocollo? Si scandalizzerebbero?
Nella gratuita esibizione di coprolalia del Ciumei affiora la boria consueta, che spesso sfocia nella sua proverbiale misoginia: non abbiamo dimenticato le due anatre "starnazzanti" da arrostire a Natale.
Ricordo che anche in un articolo contro di me il Ciumei fece ricorso all'immagine del Guttalax. Sembra che, come uno scarabeo stercorario, il Ciumei si compiaccia di alimentare il suo linguaggio con brillanti metafore costruite rimestando nella materia fecale: ai suoi occhi questo linguaggio scurrile appare come una manifestazione di potenza e di mascolinità fallocratica. Quando vuole esprimere il suo disprezzo per l'interlocutore, ritorna ossessivamente alla coprofilia.
Con le sue premeditate provocazioni, Ciumei cerca la gazzarra, la rissa: come rivincita per la sconfitta nelle urne.
Mi stupisce che nel suo gruppo, tra tante persone adulte, non ci sia nessuno che abbia il coraggio di rivolgergli un fermo invito a mettere da parte i toni rissosi della campagna elettorale e a parlare di cose serie.
«QUASI GOAL»
Appare divertente l'orgoglio con cui Ciumei proclama che lui rappresenta "circa il 42 % dei cittadini".
Riecheggia la mitica frase coniata da Nicolò Carosio: «quasi goal».
Dopo dieci anni di governo del paese, quella percentuale non sembrerebbe troppo esaltante: si dice in giro che forse il Ciumei si aspettasse qualcosina di più. Ma chi si accontenta, gode: non sarò io a intromettermi in dispute sui gusti.
Un bookmaker dell'ippica direbbe che il cavallo si è «piazzato»: dunque può pretendere − a buon diritto − di salire sul podio dei vincitori, per ritirare la sua sfavillante medaglia d'argento.
Congratulazioni, Ciumei: auguri e figli maschi!
A conclusione della lettera il Ciumei rinnova l'impegno a «portare avanti un progetto davvero giusto per il nostro paese».
Non ho capito bene. Allude forse al «porto nuovo»? Allude alle palafitte sul lungomare? Allude al "progetto Dubai"?
Sembra che non gli sia bastata la legnata. Eppure c'è qualcuno che lo considera un furbo.
«PEDISSEQUA»
Nella lettera annuncia alla sindaca la terrificante notizia che si atterrà in maniera «pedissequa» al suo ruolo di minoranza.
«Pedissequa»?
Che c'entra «pedissequa»? Evidentemente ha preso fischi per fiaschi.
Nel dizionario De Mauro viene spiegata l'etimologia della parola: nella Roma arcaica, il servo pedissequo era lo schiavo che accompagnava il proprio padrone, seguendone i passi. Per traslato, «chi segue le azioni e le idee altrui adeguandovisi ciecamente, senza apportare nulla di proprio» (dizionario Gabrielli).
Nel dizionario Treccani troviamo questi sinonimi: passivo, pedestre, piatto, servile.
Dunque il Ciumei promette un'opposizione servile, passiva, pedestre, piatta, cieca, senza apportare nulla di originale.
Ma chissà quale concetto intendeva esprimere il "dottissimo" Ciumei con quel parolone più grande di lui.
Come acutamente scrisse una volta Zecchini, “non si può pretendere più di tanto da chi ha fondato la propria stratigrafia culturale su abbeveramenti unidirezionali”.
Per aiutare il lettore a tradurre in parole povere l'altissimo eloquio del Grande Scienziato, suggerirei di ricorrere al vecchio proverbio che non si può cavare sangue da una rapa. Sia detto − s'intende − senza offesa.
AVERE «TANTO» DA NASCONDERE
Dopo aver agitato a mo' di clava nodosa il suo minaccioso «pedissequa», il Ciumei annuncia che lui non esiterà a presentare denunce alla Magistratura, perché i nuovi amministratori potrebbero «avere tanto da nascondere».
«Tanto da nascondere»?
Eppure sono arrivati da pochi giorni. Non da dieci anni.
I cittadini li hanno votati perché sanno che, quando questi amministratori se ne torneranno a casa, non avranno bisogno di portarsi via i fascicoli più scottanti dell'archivio.
Pochi mesi prima delle elezioni, il Ciumei si atteggiava a vittima e scriveva ai cittadini queste parole melodrammatiche: «qualcuno ha tentato, cara Marciana Marina, di buttare fango e odio tra le nostre strade». Insomma fare la spia alla Magistratura gli sembrava un'infamità (come direbbero a Corleone).
Ora che Ciumei è finito in minoranza, nelle denunce alla Magistratura non c'è più né fango né odio: le carte bollate sono uno strumento "normale" del suo modo di fare opposizione.
Evviva la coerenza.
Viene in mente la famosa aria del Rigoletto: «la donna è mobile qual piuma al vento, muta d'accento e di pensiero».
Gian Piero Berti