Omicidio di Prato, e c’è subito chi ironizza sul mondo gay e sulle “perversioni sessuali” che fanno più vittime della mafia o della droga. Un treno del Pd travolge e uccide una donna e giù battutone sguaiate senza ritegno. A Piombino un vigilante ammazza un amico tunisino e via, dagli all’immigrato a colpi di uno in meno, se l’è cercata, ha fatto bene, è amico mio e non ci credo, tutte cazzate per vendere due giornali. A Pisa un giornalista riceve un pugno in faccia gratis solo per essere lì con la telecamera (peraltro spenta) e no, non si può criminalizzare tutta la curva, e poi se andate allo stadio è normale, e voi ve le cercate e compagnia bella.
Compreso il grillino invasato che c’è ben altroh da scrivereh. Due ragazze denunciano due carabinieri per violenza sessuale e naturalmente sono solo due troiette ed evviva l’Arma. Un fascistello qualsiasi non solo nega l’Olocausto, ma racconta che nei campi di sterminio c’erano i cinema. E potrei andare avanti all’infinito.
No, ci riflettevo dopo un educato rimprovero che ho ricevuto poco fa da una ragazza, per i miei modi poco “professionali” che uso sul web. In realtà quei modi li uso anche nella vita, salvo quando scrivo sul giornale.
Io mica sono preoccupato per questo ciarpame immondo che grazie ai social ha avuto un palco e un megafono. No, io sono preoccupato perché questa non solo è gente che vota, è gente che spesso non conta un cazzo ma a volte occupa un ruolo importante nella società.
Ma soprattutto è tutta gente che cresce o crescerà anche figli. E li cresce o crescerà con questi chiamiamoli valori: i gay sono malati, la politica è roba da ultrà, i migranti sono tutti pezzenti criminali, i giornalisti sono delle merde, le donne sono troie, certe cose non vanno dette perché fatevi i cazzi vostri, eccetera eccetera.
Ecco cosa c’è. E allora ogni tanto prenderli almeno per il culo fa bene alla salute. Minimo. Poi c’è chi, come me, arginare questa gente lo considera un po’ kantiano: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me e il budello di tu' ma’ per te.
Alessandro De Gregorio (a ruota libera su Facebook)
Caro Alessandro
Mi sono permesso di rapinare il tuo post su facebook, perché dopo averlo letto (in apnea) mi è venuto da pensare che (buoni) giornalisti come te non si nasce ma, un po' con il lavoro di ogni giorno, con la fatica, con un pizzico di talento, si può diventarlo.
E accade spesso che a poco a poco questo essere informatori ti prende, per diventare oltre che il tuo lavoro, il tratto principale del tuo esistere.
Accade così che finisci per essere "giornalista inconscio" anche quando la tua comunicazione non è canonica, perfino nel cazzeggio, perfino nei tuffi in quella umanità, in parte assai dolente, ammassata su facebook, un "non luogo" che mi viene di paragonare ad un suk dove trovi di tutto: dal mercante di perle al tagliagole.
Così tu hai scritto un pezzo magistrale "in surplace", esprimendo (molto meglio e molto più in giornalistica sintesi), buona parte delle riflessioni "a partire da Lunedì", nel senso di Luca, che mi frullavano per la testa.
Certo qualcuno arriccerà aristocraticamente il nasino di fronte a qualche tua ruvidità, certo Umberto Eco (pur con la sua teoria della equipollenza sui social del briacone e del premio Nobel) non avrebbe mai chiuso un pezzo con un "budello di tu' ma', ma sono certo, avrebbe sottoscritto.
Ma così è se vi pare, e sen non vi pare è così lo stesso, diciamola, papale papale, che ci siamo rotti le palle ad essere uno dei bersagli favoriti, dei pitecantropi cazzottanti, dei grulli vaffanculanti, parlanti o scriventi che impazzano. Ma a questa montante marea di disvalori (o merda se preferisci) a questo nuovo fascismo strisciante (certo in maniera meno epica ed eroica di qualche decennio fa) occorre resistere, diffondendo cultura, senso della legalità, coraggio quotidiano, educazione (q.b.), scrivendo di fatti acclarati, facendo il nostro mestiere onestamente.
Si può - nonostante tutte le difficoltà - fare. Si deve fare.
Ti ringrazio
Sergio