Come già accadde durante il fascismo (quando la sua lapide fu rimossa e destinata ad una distruzione, per fortuna scongiurata), la memoria di uno dei più illustri cittadini che l'Elba abbia per anni ospitato, sta per subire un grave sgarbo, un gratuito insulto.
Accadrà sabato prossimo, quando la piazza sulla quale si affaccia il Palazzo della Biscotteria, il luogo simbolo della democrazia portoferraiese, cesserà di essere intitolata ad un gigante della storia e della cultura, un uomo che in 46 anni di vita lasciò tracce del suo passaggio in tutto il mondo, per celebrare il terzultimo sindaco della boccheggiante cittadina in cui viviamo.
Una scelta che qualcuno definirà incomprensibile e che al contrario, visti i presupposti costituiti dalla intolleranza, provincialismo, mancanza di senso del ridicolo e meschinità, della compagine che guida Portoferraio, ritengo invece perfettamente coerente.
Si è vero, la lapide di Pietro Gori, quella che, caduta la tirannia, fu riesposta e nuovamente inaugurata davanti a migliaia di persone, nel 1946, resterà al suo posto, a guardare severamente dal passato i tirannucoli da operetta odierni, che ancora non hanno deliberato - bontà loro - in materia. Ed è pure vero che non da moltissimo, con un atto di coerenza, quella si è chiamata Piazza Gori, ma lo sgarbo viscerale e voluto resta.
Ma voglio anche entrare nel merito della scelta del sostituto dell'anarchico "pericoloso e gentile", versante del discorso che molti prudentemente eviteranno, perché, si sa, parlare dei recentemente trapassati non è comodo, specie se non lo si fa per incensare, ma l'umana pietà non può offuscare la ragione, e io sono abituato a scrivere quello che penso (nei limiti di legge) ad ogni costo.
Cito allora qui i nomi di una serie di Sindaci portoferraiesi che non ci sono più: Frediano Frediani, Elbano Benassi, Sauro Giusti, Primo Lucchesi, Mario Scelza, Giovanni Cecchi, Paolo Locatelli: persone di diversissime estrazioni politiche che svolsero tutti con onestà e onore il loro compito, e che si trovarono anche a fronteggiare periodi realmente drammatici della storia cittadina.
E a ripercorrere la storia della Portoferraio repubblicana, con il distacco degli anni, ci si accorge che ciascuna di queste sindacature fu segnata evolutivamente da realizzazioni di opere, battaglie per la difesa dei diritti e del lavoro, avvii di politiche di sviluppo etc.
Ciascuno di loro - esiliato Pietro Gori, certo mal sopportato da chi ama ostentare camice nere e baschetti da parà - se si voleva scegliere un amministratore, sarebbe stato meno meritevole di vedersi intitolata la "piazza civica"?
Al contrario, lo sarebbe stato molto di più, perché a mio giudizio (tanto opinabile quanto insindacabile), la sindacatura Ageno non è da considerarsi la peggiore della storia portoferraiese, ma solo perché, come accennavo, battuta (per divisività della cittadinanza, inerzia e incapacità, inclinazione ad essere forte coi deboli e prona coi potenti) dalla squadra attualmente in sella.
Atteso che qui non ragioniamo di null'altro che di concretezza degli atti, cosa si ricorderà di amministrativamente rilevante compiuto in quegli anni? Della sceriffesca chiusura di un canile che c'era e che non c'è ancora dopo 15 anni? Dello sbudellamento a mezzo antenne del Puntale? Di strumenti urbanistici all'insegna della cementificazione folle, costati un occhio della testa e risultati totalmente da buttare e da rifare? Del deficit di 2.5 milioni lasciato in eredità ai successori? e potrei continuare, mi fermo solo per non abusare della pazienza dei lettori.
Orbene: so che questo irriverente scritto farà incazzare qualcuno, ma - come diceva Sandro Curzi - un giornalista che non fa incazzare nessuno è un pessimo giornalista.
Non mi illudo che ci siano ripensamenti (visti gli interlocutori di che trattasi), e neppure di "godere" di auguste repliche di lorsignori.
Ma mi auguro di non restare solo a protestare per quella che ritengo un'offesa alla cultura ed alla storia dell'Elba e del mio paese.
sergio rossi