«IL FULMINE»
Si trovava lontano: in viaggio di piacere in quel del Marocco. Era impegnato a godersi − full immersion − la Natura marocchina. Le dune del Sahara. Le montagne dell'Atlante. Le spiagge sconfinate e il grande respiro dell'Oceano. Gli sfavillanti colori dei tropici e l'effluvio delicato dei gelsomini. Le città imperiali e le medine. Le notti nelle tende dei beduini, sotto il vivido cielo stellato. Scimmie, cammelli, dromedari...
Ma appena ha saputo che un fulmine aveva colpito la torre del paese natio, sùbito ha pensato a noi e ha distillato il succo delle sue meditazioni in un post su Internet: «La caduta del fulmine sulla sommità della Torre − ha scritto − è stato un evento sfortunato, ma non imprevedibile».
«Non imprevedibile»? Si stenta a crederlo: eppure il vecchio sindaco aveva addirittura «previsto» il fulmine.
Ma chissà qual è il senso delle sue parole. Forse si è espresso male: forse è incappato in uno dei suoi soliti infortuni linguistici, che Pappagone avrebbe definito un "qui-qua-quo". Insomma un "auto-sgambetto", come gli è già capitato in passato col «pedissequo» o con la dialettica hegeliana... Perché per lui la lingua italiana è una corsa tutta in salita.
"DIAGNOSI PRELIMINARI" E FULMINI
Dal messaggio marocchino apprendiamo che già nel lontano 2012 il Comune aveva stabilito accordi con l’Università di Firenze, per eseguire, ogni sei mesi, un controllo che Lui definisce «la parte diagnostica preliminare». E in cinque anni di diagnosi preliminari sono state «accertate situazioni di rischio statico per quanto concerneva in particolare la bertesca e, soprattutto, lo stato di debolezza delle cortine sommitali interessate da rifacimenti moderni con esecuzione di opere incongrue accompagnate dall’uso improprio di malte cementizie su supporti murari di tipo tradizionale».
I lettori non si facciano intimidire da parole come bertesca, cortine sommitali, opere incongrue, supporti murari, uso improprio di malte cementizie... È un linguaggio tecnico, che a noi comuni mortali appare un po' ostico, ma che è pane quotidiano per un semi-architetto come Lui.
Proviamo a tradurre a senso la sua diagnosi: Raffaello Brignetti è stato un bravissimo scrittore; però − nonostante le difese accalorate del dott. Zecchini (pagina 246 del famoso libro) − ha gestito la torre combinandone di cotte e di crude.
Questo è lo stato pietoso emerso dalle carte che si sono ammucchiate in cinque anni di semestrali visite ispettive.
Però le caterve di carte − anche se molto costose − non bastano a proteggere dai fulmini.
Intorno alla metà del 1700 l'americano Benjamin Franklin inventò il parafulmine: da quasi tre secoli anche i bimbi sanno che, quando si «prevede» che un edificio possa essere colpito da un fulmine, si installa, per l'appunto, un parafulmine.
E quanto costa un parafulmine? Ogni edificio è un caso a sé. Però possiamo dire che, per mettere in sicurezza la torre, servivano poche migliaia di euro.
Perché il sindaco di allora − nonostante che «prevedesse» l'evento − ha omesso di installare un parafulmine?
IL RESTAURO
Oggi la torre ha bisogno di un restauro appropriato. Ma chi pagherà il conto? È un problema molto serio, perché, se sono vere le voci che circolano, la spesa per il restauro strangolerebbe per decenni le finanze del piccolissimo Comune di Marciana Marina, che dovrebbe rinunciare a ogni altra iniziativa. Tanto per fare un esempio concreto, domandiamoci se, per restaurare un edificio che appartiene allo Stato, il Comune debba rinunciare a dotarsi di un vero depuratore, a cui il vecchio sindaco − in tutt'altre faccende affaccendato − non ha mai pensato in dieci anni.
L'ipotesi di finanziare il restauro con i proventi delle visite dei turisti non sta in piedi. Quando i vecchi amministratori hanno espresso questa idea, parlavano a vanvera. Gli incassi non basterebbero neppure per gli stipendi dei custodi. Per visitare la Galleria degli Uffizi, il biglietto costa otto euro: quanto potrebbe costare il biglietto per visitare una piccola torre vuota?
È necessario riaprire le trattative con la Soprintendenza e col Ministero.
Chiediamo che gli architetti della Soprintendenza redigano un progetto (che, dopo tanti anni, ancora non esiste). E il Ministero non pretenda che un minuscolo Comune si sobbarchi oneri gravosi, che per legge spettano allo Stato.
HA SPERPERATO UN MARE DI QUATTRINI
In attesa delle elezioni, il vecchio sindaco stava a girarsi i pollici.
Forse non aveva il denaro per pagare un parafulmine?
Eppure quel sindaco trovò 5.000 euro per la società culturale Sbisbiglio di Campi Bisenzio, in occasione di una bella «scampagnata culturale» sulle colline a nord di Prato. Nell'interesse della "Cultura", era più importante il parafulmine sulla torre o la scampagnata?
Gli Amministratori spesero 25.000 euro per finanziare il Piano del colore dell'architetto Centauro, sebbene il sindaco − già prima del Piano − possedesse tutti i poteri che ora il Piano del colore gli attribuisce. E, in aggiunta, gli Amministratori spesero 4.500 euro per stampare il libro sul Piano del colore dell'architetto Centauro.
Gli stessi Amministratori trovarono 80.000 euro per finanziare i «Lampioni intelligenti», progettati dall'architetto Centauro: lampioni regolarmente collaudati e pagati, ma che nella parte informatica non hanno funzionato mai.
E trovarono 220.000 euro per progettare il piano regolatore del porto, che gli elettori hanno respinto.
Perché il sindaco di allora preferì spendere i soldi dei cittadini per iniziative di cui si poteva fare a meno? Perché non ha mosso un dito per impedire un evento che pure aveva «previsto»? Perché non ha installato il parafulmine?
BRAVO BRAVISSIMO... PER CARITA'
Nel messaggio marocchino c'è una frase ambigua, che vorrei analizzare meglio: il vecchio sindaco scrive che «il passaggio definitivo della Torre in proprietà comunale è la condizione imprescindibile perché il Comune possa intervenire per mettere in sicurezza l'architettura cinquecentesca anche con fondi propri».
Ma i fatti dimostrano che non è vero. Per avviare la fase delle ispezioni «diagnostiche», il Comune ha erogato sùbito all'Università di Firenze 15.000 euro. Poi le spese del Comune sono proseguite fino a un anno fa. Non mi è chiaro se l'intesa fu mantenuta con l'Università di Firenze o se subentrò un professionista privato: ma approfondirò le ricerche.
E allora perché il messaggio marocchino cerca di darci ad intendere che la proprietà comunale era «imprescindibile»?
È evidente che con questa frottola si cerca di giustificare la mancata istallazione del parafulmine.
È bravo, bravissimo a inventarsi notizie e norme che non esistono. Ma alle elezioni abbiamo visto che ormai la gente non gli crede: le sue chiacchiere non incantano più gli elettori.
BONSAI E BAOBAB
Nel titolo di un suo secondo intervento sulla torre, Lui ride dei nuovi amministratori, che definisce «Amministrazione bonsai». Persone ordinarie, incapaci di sognare − come lui − le magnifiche sorti e progressive di questo paese: persone che gli fanno pena, perché si occupano delle quisquilie, delle bazzecole, degli affarucci piccoli piccoli.
Lui, invece, disdegna gli affari piccoli piccoli: non lo soddisfano. Si sente un Grande: un baobab. Per dieci anni ha sfornato, a getto continuo, opere imponenti, colossali, maestose come le piramidi.
Passerà alla Storia per "le piramidi della Marina": l'ottava meraviglia del Mondo.
Gli elettori lo hanno rispedito a casa, con le pive nel sacco, proprio perché erano stufi di piramidi.
Gian Piero Berti