Ricordo di mamma
Di rado mi soffermo sul passato e di mia madre parlo poco anche con i miei figli per non rivivere il trauma della sua perdita improvvisa e per non riversare su di loro la scia di quel momento di dolore. Oggi vorrei ricordarla e tramite lei ricordare tutte le donne che in silenzio nella loro professione e nella loro vita privata hanno operato per il bene dei portoferraiesi.
Non farò nomi, molte persone, che lei ha aiutato in vari modi, sono per fortuna ancora tra noi, mi limiterò ai fatti.
Mia madre, Maria Luisa Casadio, detta Marisa, dopo aver sposato mio padre, Giuseppe Palombo, si trasferì a metà degli anni 50 da Livorno a Portoferraio.
Fu maestra elementare alla scuola Cesare Battisti, al Grigolo come diciamo più direttamente noi, e dopo la morte sul lavoro di mio padre si dedicò completamente ai figli, alla scuola e ai suoi alunni.
Tramite l’insegnamento entrò in contatto con persone che avevano bisogno di aiuto psicologico e materiale. Non si tirò indietro, anzi cercò in ogni modo al di fuori dell’orario di lavoro di risolvere i loro problemi e di stare loro vicino.
In casa mia ho visto accogliere col sorriso persone che per la loro situazione o diversità venivano sopportate dalla società o ritenute “figure caratteristiche”del tessuto sociale.
La porta era sempre aperta per tutti e a tutti dava ascolto e una parola di conforto e una mano concreta che non era solo un’offerta di carità in denaro, ma un impegno personale che la portava ad andare dalle persone che avevano un qualche potere cittadino perché risolvessero i problemi di questa gente.
E proprio il desiderio di fare qualcosa di concreto per Portoferraio la portò negli anni ’70 a redigere il progetto della scuola a tempo pieno di Casa del Duca che realizzò assieme al direttore di allora.
Dette anima e corpo perché venisse avviata questa scuola in cui credeva fermamente e io ragazzina non capivo perché la preferisse alla tranquilla routine del Grigolo.
Di allora ricordo che per strada appena mi vedevano i bambini disabili mi urlavano : “Dov’è Marisa? Dov’è la maestra?” La vicinanza con i disabili o i più sfortunati o i diversi rimase una costante della sua vita. Morì un 10 luglio e nel mese di giugno aveva ospitato a casa sua a Livorno la figlia di un giostraio perché potesse prendere la licenza elementare.
Un altro settore in cui operò fu quello sindacale. Di educazione cristiana era stata a Livorno tra le fondatrici del gruppo scout dell’Agesci, e nella vita cercò, come poteva e con i limiti personali che tutti abbiamo, di combattere l’ingiustizia sociale. A Portoferraio divenne responsabile della scuola elementare per la Cisl, ruolo che ricoprì poi a Livorno anche a livello provinciale.
A questo proposito per farvela conoscere meglio voglio raccontarvi un episodio. Mio marito, che fa l’insegnante, era stato chiamato ad agosto in provveditorato per la nomina annuale. Aveva un braccio ingessato e la febbre. Al ritorno mi disse che faceva un caldo boia e che erano tutti sudati perché facevano entrare uno alla volta e gli toccava stare accalcati per le scale. Con lui c’erano anche colleghe in stato di gravidanza e il caldo era insopportabile.
Arrivò mia madre e solo dopo che Luigi entrò e sbrigò la sua pratica, convinse il gruppo di lavoro del provveditorato a fare entrare tutti per diminuire il disagio degli insegnanti in attesa.
Questo sul fronte del lavoro e dell’impegno civile, sul fronte personale sarebbero molti gli episodi che l’hanno vista presente in situazioni drammatiche come andare ad aiutare un ragazzo in crisi di astinenza da eroina che viveva in un magazzino, quando non esistevano servizi sanitari in questa direzione, o buffe come scendere dalla macchina con un camicione sopra la camicia da notte in piazza e affrontare il suo ex professore Merli che era diventato un politico di livello nazionale per rimproverargli la linea che stava seguendo la DC in quel periodo.
In casa mia oltre ai più bisognosi sono passati personaggi famosi dell’epoca, dal pedagogista Lucio Lombardo Radice al sindacalista Pierre Carniti, accolti con rispetto ma senza ossequio e con i quali davanti a una fetta di cocomero parlava dei problemi della gente.
Però è stato soprattutto dopo la sua morte che ho toccato con mano la riconoscenza di tanti portoferraiesi nei suoi confronti: ci sono ex-alunni che ricordano quando andava a casa loro a portargli la lezione perché erano malati, c’è l’ ex-alunno che racconta in una pagina romanzata la supplente del continente che metteva tutti a loro agio a differenza della maestra ufficiale un po’ bigotta, c’era il maresciallo che mi disse delle piccole rose che lei portò alla stazione dei carabinieri quando il Generale Dalla Chiesa venne ucciso perché le mettessero sotto al suo ritratto, c’era la donna che l’aiutava in casa che mi ripeteva che meno male l’aveva convinta a assicurarsi e a non lavorare in nero perché aveva ottenuto la pensione, c’è chi quando viene in comune a voce alta mi urla: “ Accidenti alla tu mamma ch’è morta! Prima ci pensava lei a queste cose!”
Alessandra Palombo