Immaginiamo che già a leggere il titolo di questo pezzo qualcuno dei nostri critici lettori abbia scosso la testa stigmatizzandone in cuor suo la volgarità plebea (che sarebbe un po’ un pleonasmo, che è cosa diversa da un’affezione polmonare come immagina l’assessore).
Ebbene sì lo ammettiamo siamo dei volgaroni, degli ignorantoni degli scurrili impenitenti che si permettono sistematicamente di proporre (per iscritto!) impudiche parole relative alle pudenda e perfino alla scatologia (che non è come ritiene il consigliere la scienza dell’impacchettare).
Il fatto è che abbiamo sempre avuto la bizzarra idea che la volgarità vera non si estrinsechi con l’uso di certe parole (censurate dai più) ma permei invece i comportamenti le azioni di persone che volgari, pesanti lo sono nella sostanza.
Facciamo qualche esempio concreto: la TV spazzatura che ci sciroppiamo quotidianamente da decenni, ci propone spesso delle baruffe (normalmente finte) in cui i contendenti si scambiano degli epiteti “acusticamente schermati” e si sentono dei “Testa di BEEP” e dei “VaffanBEEP”, di un’estrema volgarità, proprio perché la pseudo-censura evidenzia la “parolaccia”, non detta ma suggerita allo spettatore in tutta chiarezza. Ma forse ci siamo spesi in un ragionamento troppo raffinato perché il sindaco possa afferrarlo, facciamo altri esempi.
Un programma che mostra ragazzotte ballare peggio delle smandruppate signorine delle riviste di quart’ordine di un tempo, con puppe e topa all’aria, o giovanotti con la tartaruga sulla pancia ma un criceto in coma nel cervello (cit. Litizzetto) e dà ad intendere che quello è il successo nella vita, è sostanzialmente più volgare, diseducativo, di tutte le parolacce espresse in tutte le lingue del mondo.
Ancora un esempio del tutto teorico: un vegliardo truccato e rifatto quanto un antico puttanone, che parla con affettata correttezza (magari sbagliando i congiuntivi) e se si arrabbia dice al massimo “cribbio!”, ma poi si porta plotoni di zoccole tra le domestiche mura e le fa esibire in lap dance vestite da poliziotte, infermiere, magistrate etc intorno a fallici pali, è la volgarità (ed il pessimo gusto) fatta persona.
Al contrario il nostro “un po’ di culo e un fiasco d’olio” lo si può perfino considerare alla stregua di una modesta operazione di recupero di un elemento della cultura di quelle che una volta venivano chiamate “classi subalterne”
Se infatti anni fa accadeva che un conclamato bugiardo, uno noto per non tenere fede agli impegni, per mascherare da interesse degli altri i proprio (porco) interesse, magari pure con qualche condanna pesante in procinto di piombarli sul groppone, avesse cercato di stabilire un “contratto con un ferajese” cercando di inchiappettarlo per l’ennesima volta dicendogli:
“Se mi dai quello che voglio ti do’ tutto quello che ti ho promesso e non ti ho dato (non per colpa mia Dio ne guardi), poi ti restituisco quello che t’ho preso, e in più di do anche questo, quest’altro e quest’altro ancora …” era assai probabile che il giustamente incredulo interlocutore commentasse ironicamente con la fatidica espressione: “Sì .. e poi mi dai anche un po’ di culo e un fiasco d’olio!”, beni che all’epoca erano considerati assai preziosi.
Ma le ultime performance di alcuni politici (uno in particolare, ma per essere imparziali non facciamo il nome, diciamo solo che ha il cognome che comincia per “B” e finisce per “erlusconi”) ed il loro promettere tutto e il contrario di tutto, ci ha però fatto venire in mente un lieve mutamento di scena, rispetto allo schema comunicativo precedente, e cioè che i fatidici “preziosi” non ci vengano truffaldinamente offerti per imbonirci, bensì pressantemente richiesti.
Disegnando il più nero degli scenari post voto ce lo vediamo già affacciarsi da Palazzo Venezia (calzando stivali tacco 12 per superare con la testa la balaustra) e arringare le folle plaudenti:
“Italiani!!! Spezzeremo le reni alla Merkel ..l’ora delle decisioni irrevocabili, perdindirindina, bussa alle porte .. date alla Patria un fiasco d’olio .... e un po’ di culo!”