Da adolescente avevo un amico che non era proprio uno stinco di santo: attaccabrighe e qualche volta prepotente, combinava un casino dopo l'altro.
In quel secondo dopoguerra in cui, se il Ponticello non era il Bronx, neppure era un ritrovo per seminaristi, molte volte mi ero ritrovato ad intervenire per cercare di calmarlo o anche per evitargli guai. Lo facevo perché cercando di capirlo e scavando si trovava in lui un fondo di generosità e talvolta perfino di tenerezza. Sì, era capace vendersi i dischi che gli avevi prestato, e pure di raccontarti ciclopiche palle, ma spezzava in due l'ultima sigaretta della notte o ti dava le ultime 500 lire che aveva in tasca se ti servivano. Un po' matto ma non cattivo.
Un giorno eravamo seduti su una panchina delle Ghiaie a parlare di musica, dei Cream e dello Spencer Davis Group, e a fumare e vagheggiare dei bassi e delle chitarre Gibson e Fender che non avremmo mai comprato. Nella panchina accanto alla nostra c'era un vecchio (o cosi ci pareva allora) che stava facendo "merenda" con un grosso pezzo di stiaccia (schiacciata, focaccia o pizza bianca per i foresti) imbottita, che avevamo già notato per le abnormi dimensioni:
"Cazzo che sleppa - aveva commentato il mio amico - o dove se la metterà tutta?" Ma non eravamo i soli ad aver notato la scena, di lì a poco al trangugiante si avvicinò uno scheletrico cane, che si pose a circa un metro di distanza dalla sua panchina incominciando a guaire. Il tipo posò la schiaccia sul piano della panchina, ne staccò un pezzetto e protese la mano in avanti verso la bestia che mendicava, ma appena il cane fece il verso di avvicinarsi lo colpì violentemente con il bastone, che aveva nel frattempo preso con l'altra mano, mettendo in fuga il povero cane i cui guaiti erano diventati di dolore.
Poi il bastonatore si girò ridacchiando verso di noi e riprese a mangiare proprio a partire dal boccone "offerto" al cane.
Io al momento ero rimasto interdetto, incapace di reagire a quell'atto di gratuita crudeltà, non il mio amico che esclamò "Allora sei proprio un vecchio stronzo!" e continuò con altri epiteti e minacce che mi indussero a trascinarlo via. Allontanandomi cercavo di farlo ragionare: "Ma che voi fa', è una persona anziana..." Lui si fermò e mi disse: "Ma non se li sarebbe meritati du' carci nel culo?" Io ci pensai un po' e poi: "Sì, ma.. però... - e infine crollai - SI!"
Cambiamo discorso: ho fatto un sogno:
Ero capitato in un opulento paese della Padania e stavo in una scuola piena di bimbi "variopinti": nerì, bianchi, giallini, olivastri che studiavano e giocavano tutti insieme, poi è suonata la campanella, ora di pranzo, i bimbi sono andati in indistinta massa nell'aula usata da refettorio. Ma lì c'era una stregaccia verde, che, brandendo una scopa, mandava i bianchi da una parte e i colorati dall'altra, e se i bianchi consumavano il pranzo nei piatti, gli altri si dovevano accontentare dei panini portati da casa. La strega se ne stava al centro a badare (non sia mai) si mescolassero i popoli, tutta fiera. A quel punto del sogno dall'aldilà è tornato il mio amico di cui sopra. che, osservata la situazione, ha detto: "Allora sei proprio una vecchia stronza!".
Mi so' purtroppo svegliato, senza nemmeno avere la soddisfazione di sapere se, almeno lei, du' (onirici ben s'intenda) carci nel culo, l'avesse poi rimediati.