UNA DELIBERA DA SBALLO
MAESTRO DI DIGNITÀ
Quando qualche settimana fa è caduto il grosso pino della piazza di sotto, mi dicono che l’ex sindaco non apparisse poi molto dispiaciuto.
Sia chiaro: io non ci credo. Uno che è stato sindaco per dieci anni non può scendere a questo livello.
Però è un dato di fatto che si è affrettato a chiedere le dimissioni della sindaca, scrivendo anche ai giornali.
Eppure sa bene che la sindaca aveva disposto un’indagine sulle condizioni della pianta e che nessuno prevedeva un crollo imminente: gli esperti avevano proposto la messa in opera di tiranti. Ma l’ex sindaco ha scritto che le dimissioni sono doverose per una «questione di dignità» (sic).
E in materia di “Dignità” lui è Maestro
In realtà il crollo della pianta è soltanto un pretesto: l’ex primo cittadino non riesce a darsi pace d’essere diventato consigliere di minoranza.
Come accade alle vittime della macumba, nel suo vivere il disastro elettorale è diventato un chiodo fisso, un’ossessione angosciante. Un incubo che gli sconvolge i sogni.
È convinto che la Poltrona del sindaco è “sua”. Esclusivamente, eternamente “sua”. E chiede che gli sia restituita.
L’ALLUCINANTE «CASO MARCINA»
Mentre stavo rimuginando sul sostantivo “dignità”, mi è tornato in mente il “caso Markina”.
Nessuno conosce il “caso Markina”. E, di sicuro, sono ben altri i motivi per i quali il Ciumei ha perduto in modo catastrofico le elezioni, con un margine di 214 voti. Però, sebbene piccolissimo, il caso Markina rivela la caratura politica e amministrativa del vecchio sindaco Cimabue: mette allo scoperto ‒ in modo impietoso ‒ la “qualità del legno”.
Un giorno gli raccontarono che gli Etruschi, qualche secolo prima di Cristo, avevano fondato presso Salerno una piccola colonia. A questa colonia Ciumei dedicò la Delibera della Giunta Municipale n. 98 del 25 agosto 2015, stabilendo anche un gemellaggio col comune di Vietri sul Mare.
Con la delibera n. 98 la Giunta Ciumei approvava un progetto di “ricerca storico-scientifica” intorno a due temi.
Primo tema della ricerca era l’origine del nome «Marciana». L’altro tema era definito nella delibera con queste parole: «il toponimo Marciena/Marciana conduce all’antica MARCINA/VIETRI sul mare».
“UNA CANNA CHE PENSA”
Una «Ricerca storico-scientifica»?
Toh, che sorpresa: dunque anche il Ciumei sarebbe uno scienziato.
I lettori si domanderanno quale apporto potesse dare il Ciumei alla Scienza. Non è facile immaginarselo nei panni di “ricercatore”. Durante i dibattiti sul «porto nuovo», si aveva l’impressione che il rigore dell’argomentazione razionale gli provocasse l’orticaria. La matematica e la logica ‒ strumento principale di ogni ricercatore ‒ sono il suo punto debole, il suo tallone d’Achille. Invece è un vero specialista nelle furberie e nei trucchi del persuadere, del blandire, dell’adescare.
Insomma, una ricerca sciiientifica «alla Ciumei» seguirebbe il metodo ‒ non proprio galileiano ‒ delle pacche sulla spalla, degli ammiccamenti, dei sorrisetti, del mercanteggiamento “elettorale”. Pochi gli accreditano l’esprit géométrique dello scienziato, come direbbe Pascal.
Ma tant’è: sulla “Ricerca scientifica” del Ciumei non chiedete a me.
Comunque, nella vita non dobbiamo meravigliarci mai di nulla. Neppure del Ciumei “sciiienziato”. Proprio Pascal parlava della natura paradossale dell’Uomo, che definiva «una canna che pensa».
A scanso di equivoci, è forse il caso di puntualizzare che il pensatore francese si riferiva alla pianta, assai frequente nei fossi, utilizzata come supporto di rampicanti e per costruire mobili rustici.
LO SCiiiENZIATO-GLOTTOLOGO
Con la delibera n. 98, il Ciumei sentenzia che il nome del paese Marciana deriva dall’etrusco “Marciena” e che, a sua volta, “Marciena” rinvia al nome etrusco di una famiglia nobile di rango altissimo.
Su simili questioni di lana caprina gli studiosi discutono per anni. Alcuni formulano ipotesi a cui altri contrappongono ipotesi alternative. L’unico punto su cui tutti si trovano d’accordo è che nei problemi complessi la verità è intricata e incerta. Ecco invece che arriva ‒ baldanzoso ‒ il Ciumei, col suo cipiglio decisionista, che è esattamente lo stesso cipiglio mostrato da Alessandro Magno quando tagliò il nodo gordiano con la spada. E, scavalcando le fumisterie di filologi e archeologi, il Ciumei risolve il problema con uno schiocco di dita.
Per lui, Marciana deriva da Re Marcinna (o Marxna o Marcna o “quale che fosse”), che non è un personaggio fiabesco, come Pollicino o Biancaneve o il Gatto con gli stivali. No no: il Ciumei è arcisicuro che re Marcinna è esistito davvero, in carne e ossa, e dominava su queste terre, spaziando da Serraventosa a Pietrauta.
Questa non è una delle tante chiacchiere da bar, davanti a una tazzina di caffè, dove si discetta di Ronaldo, di Conte e di Allegri. L’atto di fede in re Marcinna è inserito nel Registro ufficiale delle Delibere della Giunta. Sarà conservato in perpetuo nell’archivio del Comune. Per la gioia degli Storici marinesi del futuro.
Esempio magistrale di quella semplificazione delle questioni complesse, che è tipica della politica attuale.
«TERRAPIATTISTA»
Immaginate le risate dei nostri lontani pronipoti che, fra una decina di secoli, scopriranno nella polvere degli archivi questo sorprendente “documento”. Che idea si faranno di noi? Riusciranno a capire che all’inizio del terzo millennio nessuno credeva in queste “boiate” e che il marcinnismo era un ghiribizzo del “terrapiattista” Cimabue?
Dopo le sue scoppiettanti prodezze in architettura e in filosofia hegeliana, scopriamo che il Ciumei si cimenta anche in glottologia. E ‒ manco a dirlo ‒ lo fa da par suo. Ci insegna persino che il vocabolo «Marciena» si scrive con la vocale «i», che lo rende quasi identico all’italiano «Marciana». Dove avrà saputo dell’esistenza di quella preziosa «i»?
C’era nella carta dei cioccolatini? Oppure gliel’ha suggerito qualcuno ancora più dotto di lui?
Nella delibera il Ciumei straparla ‒ con la consueta impavida disinvoltura ‒ di “Marciena”, “Marcina” e nomi gentilizi etruschi. In realtà, quei vocaboli non li ha scovati tra le «mirabili incisioni» della tomba “etrusca” o nei tafoni dei monti. Nella delibera è assente qualunque riscontro oggettivo. Marcinna e Marciena sono soltanto invenzioni: congetture. Sillabe in libera uscita: accozzate insieme col metodo pirotecnico delle etimologie estemporanee. La delibera, più che una ricerca «sciiientifica», pare la minestra di magro del Giornalino di Gian Burrasca.
IL GIOCO DEI BUSSOLOTTI
“Marciena” ‒ afferma la delibera ‒ «conduce all’antica MARCINA/VIETRI sul mare» (sic).
Ma questo vocabolo finto-etrusco nella realtà non esiste, non è mai esistito, non indica nulla. E perciò non “conduce” né all’antica Marcina, né a Vietri sul mare, né in nessun altro luogo.
Siamo di fronte a un circolo vizioso: il vocabolo «Marciena» è stato costruito artificialmente, manipolando il nome italiano «Marciana». Poi dal finto etrusco «Marciena» si fa derivare l’italiano «Marciana».
È il gioco dei bussolotti: “Venghino, signori, venghino: altro giro, altro regalo…”
Questo è un prodigio di Sciiienza pura.
LA “REGINA” DELLA DODECAPOLI CAMPANA
Cerchiamo di sgombrare il campo dalle false notizie e dalle ridicolaggini.
Partiamo da un dato di fatto: la parola «Markìna» è un “hapax”.
“Hapax” significa che in tutti i libri del mondo antico, romano e greco, Markina ha un’unica “occorrenza”: si trova soltanto nella «Geografia», un’opera in lingua greca dello scrittore Strabone, vissuto a Roma venti secoli fa, al tempo di Augusto e di Tiberio. Ho cercato il passo nella mia copia della «Geografia» (testo greco con traduzione italiana, BUR 1993). Verso la fine del libro quinto (pag. 196), Strabone si sofferma a parlare della colonia greca di Posidonia.
Poi aggiunge: «Fra le Sirenusse e Posidonia si trova Markìna fondazione dei Tirreni, abitata dai Sanniti. Da lì a Pompei, attraverso Nukerìa, c’è un istmo che misura non più di 120 stadi».
Tutto qui. Appena ventisette parole nel testo greco.
Nel mio libro il curatore dell’edizione ha aggiunto questa nota su Markìna: «Città di incerta localizzazione, recentemente si è proposta la sua identificazione con Fratte di Salerno che viene ad aggiungersi a quelle proposte in precedenza con Cava dei Tirreni e Vietri sul Mare».
Però in nessuna di queste tre località, molto vicine tra loro, sono state rinvenute rovine attribuibili all’etrusca Markìna.
Come il lettore vede, Strabone non accenna a rapporti tra Markìna di Salerno e Marciana dell’isola d’Elba. C’è soltanto una parziale somiglianza di nomi. Sulla base di questa somiglianza, è stata ricamata la “fiaba” della fondazione di Markina da parte di coloni giunti con le navi dalla nostra Marciana: l’inventore di questa “fiaba” presuppone che le nuove colonie avessero lo stesso nome della città di origine, seppure un po’ storpiato. Ma il presupposto è una fantasia.
Non esistono elementi per affermare che Markìna fosse stata fondata dagli elbani nel VI secolo a.C., nel territorio dell’odierna Vietri sul Mare. Nessuna fonte storica attesta che Markina fosse la regina della dodecapoli etrusca.
Queste aggiunte rispetto a Strabone sono congetture arbitrarie. “Chiacchiere a capocchia”. Fumo. Allucinazioni.
Suppongo che il Ciumei abbia letto la traduzione italiana di quelle ventisette parole di Strabone. Sono due frasette molto semplici. Mi chiedo perché il Ciumei non ne ha compreso il significato. Quando una persona non riesce a comprendere il senso di frasi elementari scritte nella propria lingua, i sociologi parlano di «analfabetismo funzionale».
GEMELLAGGI
Strabone scrive che ai suoi tempi (duemila anni fa) gli Etruschi erano ormai scomparsi e che la città di Markina era abitata dai Sanniti. Dunque, Ciumei non si è gemellato con i discendenti dei nostri presunti cugini etruschi ‒ “marcianesi di Campania” ‒ ma con i discendenti dei Sanniti. Anzi è probabile che i Sanniti si insediarono in Markina, dopo aver sterminato gli Etruschi, come usava allora.
Sia chiaro: i gemellaggi tra Comuni sono esperienze lodevoli, perché aiutano a uscire dal gretto provincialismo. Ma la storia della colonia fondata dagli elbani presso Salerno ha lo stesso valore delle peripezie di Cappuccetto Rosso e della sua nonna. Perciò ‒ senza scomodare le ricerche «scientifiche» intorno a «Marciena/Marciana che conduce a Markina» ‒ il Ciumei poteva optare per uno qualsiasi degli oltre settemila comuni italiani.
BISCHERATE DA GUINNESS DEI PRIMATI
Ciumei credeva davvero alle panzane che ha scritto su Markina? Oppure voleva farle credere a noi, “popolo gonzo”?
Con quale scopo ha messo insieme quei discorsi a vanvera? Forse gli servivano per chiedere all’UNESCO il riconoscimento di Marciana come città etrusca?
Se fossi stato io a impastrocchiare l’esilarante poema sugli Etruschi marcianesi fondatori di colonie, il vecchio sindaco avrebbe sicuramente ripetuto l’ineffabile metafora del Guttalax, diagnosticandomi una conclamata demenza senile.
Per gli Storici, è la prima volta che uno sproloquio senza senso viene travestito da delibera.
Come si potrebbe definire la delibera n. 98? Creativa? Sciiientifica? Sollazzevole? Scompisciante?
Forse l’appellativo più appropriato è «bischeraggine».
Una bischeraggine che ha assicurato al Ciumei una menzione imperitura nel guinness dei primati.
All’inizio ho riferito che il Ciumei ha chiesto le dimissioni della sindaca in nome della “dignità”. Mancia competente a chi riesce a scoprire una relazione tra il caso Marcina e la “dignità”. Mi chiedo perché Cimabue non ritira la squadra e si va a riporre. Ne guadagnerebbe il paese.
Ne guadagnerebbe anche lui. In dignità.
Gian Piero Berti