Molti ma non moltissimi anni fa, al n. 4, piano primo, della ferajese Piazza della Repubblica, c’era la abbastanza frequentata sezione di un partito le cui assemblee si tenevano di norma la domenica.
In queste occasioni, si parlasse di diritti civili o delle brache di nonna, l’uditorio veniva comunque deliziato dall’intervento di un tizio, da poco iscritto al PCI, che si presentava al “palchetto oratorio”, dal quale poco svettava per la sua tracagnottaggine, vestito affettatamente (assessore la mortadella non c’entra) da membro della classe operaia, nonostante il giorno festivo, con una vistosissima tuta arancione, sotto la quale però apparivano un colletto di buona camicia e cravatta, perché evidentemente,terminata la scena, il nostro Suslov di Piazza Padella, riposta la sacrale tuta proletaria, tornava rapidamente (op-la) nei sottostanti abiti borghesi.
Ma a parte la coreografica pantomima “vestimentale”, il medesimo aveva una altra e ben più perniciosa abitudine: quella di infarcire i suoi scombiccherati interventi di citazioni di brani apparsi sulla rivista “Rinascita” che ci leggeva in diretta.
Orbene la raffinata Rinascita era obiettivamente una lettura duretta, già per un italiano di media cultura, ma la scarsa propensione dell’interprete a rispettare punti e virgole (e pure a capire le parole che egli stesso pronunciava) rendeva l’esegesi del tutto problematica e comunque, nei rari casi in cui qualcosa si riusciva ad intendere, era chiarissimo che linea del ragionamento e citazione erano tra di loro in rapporto, come si dice in terra di Tuscia, quanto il culo con le Quarantore.
Sembrerebbe naturale che chi sceglie di presentarsi in un contesto pubblico, a leggere qualcosa che non è capace di scrivere, e che commissiona ad altri o prende in prestito, bene farebbe a compiere con una buona maestra, almeno esercizi di lettura, rischiando altrimenti di risultare penoso, come è ad esempio accaduto in una recente insulare iniziativa de Los Tres Caballeros .
Ma non divaghiamo e torniamo alla storia prima. Durante una delle esibizioni dell’uomo in arancione, forse perché un po’ più irritabili del solito, cominciammo a dare segni di insofferenza, ripetendo a coloro che ci stavano seduti attorno: “Cazzo sta a di’ sta fava ingrata?” (trad: “Che diamine vorrà mai significare un cotale sprovveduto?”) , incassando la pronta reprimenda di Danilo Alessi: “E cerca di essere un po’ più tollerante … è giovane!” “Come giovane – contestammo –ma se eravamo in classe insieme!”
In quella occasione toccammo con mano quindi quanto i concetti di novità e di gioventù in politica siano da considerarsi assai relativi, elastici come trippa o altro tessuto epiteliale umano dalla proverbiale estensibilità che non citiamo per non mandare in deliquio le signore del rotary.
Orbene se si pensasse che i presenti “vaneggiamenti autorizzati” fossero rivolti direttamente a qualcuno in particolare che scopre la politica ad un’età nella quale, convinti di correre il rischio di venire a noia, ci siamo messi volontariamente da parte dedicandoci al altro, sbaglierebbe, lo sport della quasi senile folgorazione o ri-folgorazione politica ci pare troppo diffuso perché qualcuno possa sentirsi direttamente, individualmente, chiamato in causa.
No, era tanto per riaffermare, che l’essere giovani e/o nuovi e/o lavati con perlana, non fa approdare in zona franca, si possono ugualmente sparare delle gigantesche puttanate.
Non abbiamo intenzione quindi tanto di prendercela con il ringiovanilito o la ringiovanilita di turno, quanto con i favoreggiatori, con coloro che levando inopportunamente laudi e cachinni (no consigliere, non è una parolaccia) caricano come una sveglia il ringiovanilito, lo pompano (absit iniuria verbo), lo motivano e lo sostanziano a perseverare in atteggiamenti poco consoni.
Un’associazione di categoria che, dopo aver steso un acritico “Canto alla Marina” tanto zuccheroso da provocare il mal di denti a leggerlo, tanto apologetico da poter essere giudicato eccessivo perfino dal dittatore coreano Kim Il Sung, parlando di un quarantenne amministratore, magnifica lo “spirito innovativo e la capacità di ampie vedute del giovane sindaco Ciumei” in una nota ufficiale, oltre che aggiudicarsi il premio “leccata dell’anno”, varca ogni confine del ridicolo, ci fa rimpiangere per obbiettività e distacco Emilio Fede.
Contenti loro, e contenti i loro associati …
Vignetta di CUSH