Cara Lilia
Eravano nati a quattro anni e qualche decina di metri di distanza, al Brunello, per arrivare a casa mia si passava davanti alla casa di Bastiano (il vecchio, quello da cui Carlo avrebbe ereditato il soprannome-patrionimico con il quale tutti lo conoscevano), entrambi comunque in tempi nei quali c'era soluzione di continuità tra Carpani e il Centro Storico, che si raggiungeva con le carrozze tirate da un cavallo, pagando pochissime lire.
E a Carpani dovevo vederlo per la prima volta, anni dopo (ma ancora in un'altra era geologica): forse andavo per i 19 e lui doveva essere quindicenne.
Io e Lamberto (anche lui volato nel vento troppo presto), reduci da una "merenda di mezzanotte" da Panino, stavamo per riprendere la via di casa in lambretta, un gruppetto di ragazzini stava a pochi metri da noi: ridevano, scherzavano, poi vedemmo uno di loro, molto più robusto degli altri, avvicinarsi ad una cinquecento (dalla parte posteriore la più pesante) e sollevarla di buoni 50 centimetri per poi riappoggiarla a terra, delicatamente, come fosse un fuscello, con gli amici che facevano il tifo.
"Cazzo - commentò Lamberto - con questo io non ci leticherò mai!"
Il ragazzino erculeo si girò verso di noi con un sorriso a 32 denti, facendo capire che quella forza spropositata, di cui la natura l'aveva dotato, nella vita non l'avrebbe usata per far del male a qualcuno.
Cara Lilia stasera, davanti al tuo gigante buono abbattuto, mi hai chiesto di scrivere qualcosa, un ricordo, ed ho pescato dalla memoria quello che avevo.
Cosa altro aggiungere se non che Carlo-Bastiano doveva confermare per tutta la vita le promesse di quel sorriso, risultando un uomo mite, onesto, generoso, lavoratore e capace pure di aiutare spessissimo il prossimo?
A nessuno nel successivo mezzo secolo (e passa) ho sentito spendere una parola men che benevola su di lui (non credo sia poco)
Un abbraccio.
sergio