Ho letto che, a conclusione di un convegno della Caritas sul tema "La carità è cultura", mentre si respingevano fermamente le logiche dell'esclusione, si giungeva all'amara constatazione che "oggi la carità è derisa come buonismo". Tutto per la soddisfazione di chi sa invece con scaltrezza guardarsi da gesti altruistici, che potrebbero non essere proprio prudenti e avveduti e contenere qualche effetto collaterale rischioso. Non si sa mai! Magari quel poveretto nasconde un tesoro sotto il materasso e sta a sgocciolare di sudore sotto il sole per puro masochismo.... Non si sa mai! Io, per principio, dice il furbo, non mi faccio fregare... Io, pensa e afferma, non sono un "buonista" (che significherebbe un ingenuo sprovveduto che si fa prendere in giro).
Ora, è chiaro, anche nell'agire con bontà e senso di solidarietà occorre un certo discernimento, ma questo non ti deve chiudere il cuore...
Almeno io la penso così. Eppure il timore di essere tacciati di buonismo è davvero generalizzato. L'altra sera, in una trasmissione televisiva, un noto esponente politico ha ripetuto più volte, temendo di essere frainteso, di non essere un "buonista". Ci mancherebbe altro!
Un tempo esistevano le categorie del Bene e del Male, la Bontà e la Cattiveria; ora non più, perché la Bontà è sospetta e derisa e, per la pubblica opinione, si è trasformata in Buonismo. E come si potrebbe giudicare oggi il monito di Cristo ad amare il nemico? Meglio sospendere la risposta per non essere blasfemi.
Licia Baldi