Caro Sergio,
ho letto il tuo articolo sul 17° di Elbareport e ti faccio i migliori auguri.
Scorrere le cifre che hai snocciolato fa un gran bell’effetto. Congratulazioni, vecchio amico mio, di cuore.
La faccio finita coi convenevoli tanto noi ci conosciamo da oltre mezzo secolo e per chi non ha vissuto quegli anni come li abbiamo vissuti noi, penso... che noi ci capiamo bene, e qualcun'altro un po' meno.
Pace, con le dita di Churchill.
Non eravamo niente di speciale probabilmente, ma avevamo voglia di fare e credo sinceramente anche di dire qualcosa. Quanto abbiamo parlato di politica sulle sedie del Bar Royal insieme agli amici di "Feraio", finalmente Cosmopoli e quelli del Ponticello, come noi.
Quanto ci credevamo, eravamo dalla parte del popolo, ideologici e sinceri. Tu eri il più giovane segretario del PCI d’Italia, se non ricordo male, comunque c’eri, già allora volevi ‘emergere’ e il bello è che ci sei riuscito alla grande!
Ora, cambio discorso, ti dico che invece che leggerlo spesso, sfoglio o per meglio dire,
digito, il tuo Elbareport intensamente; mi vado a rileggere tutte le notizie, con particolare riguardo ai fatti generali e alle pagine di Culturalia.
Insomma lo scorro tutto alla ricerca di notizie, come dici te, belle o brutte.
Dimenticavo. Prima di parlare del numero diciassette, 17, ti volevo anche comunicare il mio apprezzamento su ‘A Sciambere’, che è sempre arguto e poi mi fa ridere e non poco.
Il fatto è che Ridere è un po’ come il numero Diciassette,17, non sono apprezzati e non si capisce il perché.
Ridere fa lo stesso effetto del diciassette, sembra una cosa che porti sfortuna, non ride più nessuno, poi basta vedere, osservare la faccia di Greta, poi ci credo che non ride più nessuno. Terribile.
Lo spirito 'sciamberesco', che un po' di sana invidia mi provoca, ce l'ho anch'io; anzi me lo provochi. Così certe volte mi faccio delle belle risate perché l'Elba sembra quasi diventata un rifugio di intellettuali, letterati e accademici. Senza dimenticare gli Archeologi, quelli nuovi. Cazzo, siamo diventati importanti, ma non per colpa nostra!! (Sii sincero, ora ti sei fatto una bella risata). Premi letterari, wow! Un bel po' di mondo editoriale, in giro per l'isola. Va bene, benissimo.
Modestamente un paio di volte o tre, la piazza di Marciana Marina l’ ho riempita.
Approfitterei, visto che se ne parla, anche per farti un grande complimento per i tuoi libri che mi sono molto, molto piaciuti. La ricerca su Pietro Gori fu il tuo primo lavoro da me apprezzatissimo e geniale per il modo in cui lo hai relizzato. Credo sia un’opera veramente meritoria e poi Zuppa e Stornelli, che è un altro geniale accostamento editoriale, un ottimo risultato fra minestre, cantate, pugno chiuso e vino, che allora non ancora così bono come ora. Non ho ancora letto, Uliano, ma mi propongo di farlo, oppure posso dirti sinceramente che me lo sono perso, perché qualche volta l’Elba si allontana. Poi conosco come scrivi e me lo berrò tutto d’un fiato, magari all’Elba, nei nostri posti, la prossima volta che vengo a riprendermi un po’ di energie isolane.
Però noi ce le siamo fatte un bel po' di risate e anche un bel po' di bevute, ma eravamo cristallini, quasi puri, direi. Sempre parlo di più di mezzo secolo fa, quando ci frequentavamo spesso e volentieri ed era lo stesso sentirsi, parlarsi e ridere con il ‘nostro’ gruppetto di amici, Mario Preziosi, Lamberto Lungonelli, il Franchetti, il Marcella e gli altri.
Comunque il numero diciassette mi è sempre piaciuto, oltretutto pensando a come eravamo a quell’età e poi ci sono un bel po’ di ricordi!! Poi, se me lo consenti, quarant’anni fa comprai un gioco di monaci tibetani del XVI secolo, una specie del Gioco dell’Oca ma buddhista e il Diciassette è l’unico numero da cui si parte per il sentiero della Libertà.
Grazie Sergio, ti saluto e un abbraccio,
il tuo vecchio amico
Alessandro Canestrelli
Caro Sandro
Ho nicchiato un po' prima di pubblicare la tua lettera trovandola un filino sopra le righe, per le laudazioni che riservi a quella emerita fava lessa che dirige questo giornale. Chi si loda si imbroda - ho pensato - e pure chi autorizza altri a farlo, un po' correo lo è.
Poi rileggendola e lasciandomi travolgere dall'Amarcord ho ceduto.
Ma lasciami fare qualche piccola chiosa, in ordine sparso, su quello che hai scritto.
Non credo di avere il primato di più giovane segretario del PCI, e non so neanche se "volevo emergere" personalmente, di sicuro volevo (anzi volevamo come accennavi) contribuire a cambiare in meglio il mondo a partire dal nostro vissuto quotidiano, essendo internazionalisti naturalmente, su un'isola che per sua natura si confrontava con il mare, che ha sempre una duplice opposta valenza: quella di barriera diversificante, ma pure quella di strada che conduce in ogni dove del pianeta.
Di certo non soffrivamo le miserie morali del localismo, del campanilismo, del nazionalismo, del razzismo e del sovranismo, cioè dell'egoismo in tutte le sue declinazioni, che pare trionfare, ora che la luna della nostra parabola generazionale è in fase calante.
E forse per un lungo tratta della mia vita, preso da una "ansia del fare", mi sono occupato di troppe cose, risultando "dispersivo", lavorando come due matti su troppi fronti, e certo, ragionando con il senno di (molto) poi, se avessi fatto scelte diverse, selezionando ed ordinando sarei stato più utile agli altri, ma è inutile piangere sul vino versato.
L'allegria di quei giorni, le risate. Sì, per ridere e far (volontariamente) ridere, per prendere e prendersi per il culo occorre cervello. Ma occorre anche speranza, fiducia nel domani. Noi l'avevamo ma ammetti che più di una qualche ragione, la faccia severa ed accusatrice di Greta ce l'ha.
Sì, ho forte nostalgia anche io per un tempo in cui se uno era cattivo d'animo e/o ignorante, aveva il pudore di non esibire queste sue caratteristiche e menarne perfino vanto.
Ho nostalgia per la sensibilità diffusa in quei tempi, in cui uno che si fosse pubblicamente rallegrato della morte atroce di una mamma e un bimbo, sarebbe stato preso a sputi, mi manca quel sentire sociale che ci faceva indignare davanti alle tragedie ed alle ingiustizie. Ho nostalgia per il dialogo, il confronto e perfino per lo scontro politico, che si sviluppavano tra persone reali, fisiche, e non tra troll, fake, e rappresentazioni castrate di esseri nascosti dietro uno schermo.
Abbiamo (generazionalmente) sbagliato Sandro, non abbiamo capito, o non siamo stati capaci, di accompagnare all'esplosione delle potenzialità communicative sociali una parallela crescita culturale degli individui. Il prodotto è disastroso, oscurantista.
Ma la storia talvolta ci fornisce elementi di consolazione, perché se si riesce a vivere nella cronaca, ma a pensarsi (per quanto piccoli) nella storia, si recupera quel quid di coraggio necessario per lavorare in umiltà ogni giorno, per favorire la prossima rivoluzione culturale che - inevitabilmente - ci sarà, anche se forse non la vedremo, e - per parafrasare un noto Vladimir - farà compiere all'umanità altri due passi avanti dopo quello indietro che stiamo facendo.
E la finisco qui, i tempi della comunicazione sono tali che abbiamo già sforato.
un abbraccio.
Sergio
P.S. Elbareport (fortunatamente) non è solo "mio", divido volentieri la sua proprietà con gli altri che ci scrivono e lo editano, con chi lo sostiene, e con tutti i suoi lettori.