Carissimo Sergio,
come sempre leggo con interesse e anche un po’ di affetto - lasciamelo dire - la tua rubrica “a sciambere” e quella di ieri mi sembra particolarmente calzante ai tempi che purtroppo stiamo vivendo.
Parlando della qualifica generazionale di nonno/a/i e nonne, vorrei raccontarti un episodio che ho vissuto, anzi dovrei dire a cui ho assistito con meraviglia e gaudio qualche anno fa. La nostra nipotina Matilde oggi tredicenne ha frequentato la scuola materna e la scuola elementare, oops primaria, nel quartiere dove vive a Livorno. Inutile in questo caso ribadire il concetto di grande libertà che ha da sempre connaturato questa città che secondo me avrebbe diritto a diventare Patrimonio Mondiale della Libertà, in quanto accoglienza ed accogliente sin dalla sua fondazione.
Ma torniamo a Matilde. Un pomeriggio di un anno in cui frequentava la scuola materna, ero ovviamente nel cortile interno della scuola in attesa dello sciamare dei piccoli e naturalmente insieme a me una moltitudine di genitori, nonni, zie e quanti altri avessero lo stesso compito mio. In maggioranza esemplari femminili di variegata origine e costume e conseguentemente anche abbigliamento. Donne in jeans e tatuaggi, altre con tailleur e tacchi, altre ancora con il capo coperto dal foulard come richiesto dal loro credo. Un piccolo mondo colorato, mescolato e racchiuso in pochi metri quadrati. E tutti i componenti di questo microcosmo con il medesimo sorriso sulle labbra. Tanti sorrisi quasi leonardeschi, quel sorriso quasi impercettibile che spunta sulle labbra di chi sa che al termine dell’attesa vedrà qualcosa di bello.
E rimasi lì girando gli occhi guardando gli altri, e sorrisi anch’io colpita più da questa piacevole sensazione, che dall’immagine della bimba che stavo aspettando con ansia e che mi veniva incontro piano, a piccoli passi perché doveva salutare i suoi amichetti. “ciao Thomas, ciao Aziz, ciao Elena, ciao Joake…..
Poi le chiesi chi fossero questi compagni e da dove venissero. Lei lapidaria “come da dove vengono, da Livorno”. Allora fui costretta a chiedere di nuovo ulteriori chiarimenti.
E lei con una leggera insofferenza e anche un po’ di malcelata noia mi elencò le provenienze. Thomas Polonia, Aziz Marocco, Joake dal Giappone con madre giapponese e padre livornese e Elena italiana “ma vengono da un’altra città che ora non mi ricordo”.
Insomma a lei come a tutti gli altri suoi coetanei, in quale paese fossero nati loro stessi o i loro genitori non gliene importava un fico secco. Si godevano l’età, il cominciare a vivere e a conoscere ma soprattutto a conoscersi senza paure, e noi ci dobbiamo augurare e fare di tutto perchè continuino a vivere con quello spirito genuino e libero per tutto il resto della loro splendida vita.
p.s. Joake è tutt’ora la sua amica del cuore.
Maristella Giulianetti