Il naturalista elbano Giacomo Damiani fu testimone di un’avventurosa vicenda zoologica occorsa nelle acque della Cala, presso Marciana Marina, nel novembre 1910; protagonista fu una rara nonché sfortunata balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata).
Nello scritto del Damiani, riportato nel saggio «Sovra una Balaenoptera del novembre 1910 a Marciana Marina», possiamo leggere:
«Il 13 alcuni marinai e pescatori di Marciana Marina, un paio di chilometri al largo della spiaggia, notarono a molta profondità un grosso animale che, appunto perché assai affondato, appariva delle dimensioni di uno squalo normale; sì come il suo ventre biancheggiava, più d’uno di essi suppose, più ragionevolmente, che si trattasse di un “caldarone” o delfino soffiatore (Tursiops truncatus) frequente anche in grossi individui, onde lo lasciarono tranquillo.
Al largo però notarono la presenza, talora a galla, di un grosso “bestino”, pesce-cane o smeriglio, notissimi alla nostragente di mare. Il cetaceo infatti ebbe ad impegnare collo squalo una di quelle lotte, dopo lungo inseguimento, […] poche centinaia di metri al largo dalla spiaggiola detta La Caletta, limitrofa a quella più ampia detta La Cala circa 3 km, a nord-ovest di Marciana Marina, uno dei tanti anfratti rocciosi, porfirici e granitici con notevoli fenomeni di erosione così caratteristici in quella costa, tra la Punta della Madonna e quella della Gioma, in cui la profondità è già sensibile sul lido stesso. La lotta impegnatasi fu avvertita da alcuni diquei contadini-marinai che abitano le misere casette sparse sulle terrazze dell’altura dirupata.
Il giorno 14 uno di essi, certo Giusto Cardella, notò, quasi immoto, sul fondo, entro l’angusta cala,a 6 o 7 metri, il cetaceo. Da una larga ferita sul ventre fuorusciva un buon tratto d’intestino; evidentemente esso era tramortito […]. Per mezzo di un piccolo battello, il Cardella, aiutato da alcuni suoi figli, poté ramponare, coll’ancorotto dell’imbarcazione, il cetaceo e rimorchiarlo con molta fatica sulla spiaggiola di ciottoli granitici, lunga una trentina di metri. Nel rimorchio l’ancorotto, come potei vedere sul luogo, si spezzò in uno dei bracci a rampone.
E qui comincia quella che, purtroppo, è la fine della maggior parte dei cetacei predati o arenati sulle spiaggie non solo nostre, ma, com’è noto, di tutto il mondo. E una vera furia, insana, distruggitrice, primitiva che si abbatte sulle spoglie di questi mammiferi così interessanti per lo zoologo.
Anche il nostro esemplare fu massacrato a colpi di ascia edi pennato per cavarne olio. E nessuno fu avvertito; né pure l’Ufficio di Porto di Marciana Marina che avrebbe dovuto informarne, secondo la provvida circolare (24 aprile 1902, n. 34) l’Istituto zoologico universitario della regione; posso aggiungere con meraviglia che, molti giorni dopo, i più nella stessa Marciana Marina, popolata di marinai e di pescatori, ignoravano la cosa; quei buoni contadini poterono così compiere il loro scempio infruttuoso, poiché, senza mezzi adeguati, non ne ricavarono l’olio desiderato, onde, per non ammorbare la spiaggia, rigettarono in mare il cetaceo mutilato, ridotto a un carcame, e i visceri così interessanti.
Il sacerdote Nicola Onetto, da me interessato, raccolse sulla spiaggia alcuni brani di pelle dell’addome, del peso di alcuni chilogrammi, colle caratteristiche pieghe longitudinali; […] seppe poi che il carcame giaceva a poca distanza dalla spiaggia, in una profondità di 5 o 6 m.; quindi facilmente ripescabile, onde fece vive premure presso il Cardella pel recupero dei resti ossei residui, e cioè del cranio in parte mutilato, e di una porzione della colonna vertebrale, fortunatamente ancora unita al cranio.
Dopo non facili trattative, dovendo lottare coll’ignoranza e coll’ingordigia di quel contadino, fu pattuito il prezzo del ricupero e dell’acquisto dei resti, e il 4 dicembre potei personalmente procedere, sulla spiaggetta stessa ove fu tratto il 14 novembre, alla non grata pulizia di quei resti nauseabondi per l’avanzata putrefazione dei tessuti molli, e ad un primo loro esame. Anche in questa bisogna il sacerdote Onetto mi fu di valido aiuto. […] Come ho detto, la soluzione definitiva spero di indicarla prossimamente; data l’importanza della cattura ho creduto intanto utile di segnalarla. Il cranio nelle condizioni anzidette e gli altri resti ossei, ricomposti e montati, figureranno nella Raccolta Elbana della Villa Napoleonica di San Martino, per cura del proprietario on. Pilade Del Buono, annessi alle collezioni ittiologica e ornitologica locali».
Silvestre Ferruzzi