Questa è una Pasqua triste per Marciana Marina: se ne è andato Pierambrogio Franceschini, Pierino della Banca, uno degli uomini più benvoluti del paese e che per la mia generazione è stato qualcosa di più.
Pierino ha inventato la corsa. La storia è questa:
Quando avevamo 14 anni, cominciò a circolare la voce che i marcianesi stavano organizzando qualcosa di mai visto: una corsa da Marciana a Pomonte, che inerpicandosi sulla scalinata penitenziale della Madonna del Monte, sarebbe passata dalla strada sabbiosa di Serra Ventosa e risalita sul Troppolo, infestato di vipere, e poi fino al Semafero e giù in picchiata a Chiessi e al traguardo di Pomonte.
La sfida era succulenta e io e Franco Galletti, che non conoscevamo quei posti spersi sulle montagne, cominciammo ad allenarci così come eravamo, in pantaloni e scarpe “da tennis” rimediate, lungo la strada allora sterrata del Lavacchio, di notte, dopo aver fatto i manovali. Senza sapere nulla di corsa in montagna, senza capire se aravamo davvero bravi. Insieme a noi i pomeriggi marinesi cominciarono a popolarsi di corridori furtivi – la gente ci prendeva abbondantemente per il culo e, passandoci accanto con le macchine rallentavano per consigliarci: “statevene a le vostre case” - che sognavano di impugnare una coppa di questa nuova sfida.
Con Franco provammo una volta il percorso della Marcianella, una settima prima della gara, ma alla terza vipera che ci attraversò la strada al Troppolo, tornammo indietro. Quello che veniva dopo per noi restò terra incognita fino al 2 giugno.
Il problema era che non potevamo certo andare a correre coi pantaloni da manovale, ma, tra i tanti che ci sfottevano, c’era anche qualcuno che ci guardava da lontano con interesse e, un paio di giorni prima della Marcianella, Pierino della Banca si presentò e ci fornì l’abbigliamento da podista: due magliette bianche extralarge (non aveva calcolato bene l’età e la stazza), pantaloncini e calzettoni. Sopra le magliette credo ci scrivemmo a mano col pennarello “Marciana Marina”. Per noi era un regalo incredibile, ma il risultato fu che venimmo presi per il culo non appena ci presentammo alla partenza vestiti da straccioni. Ma l’altro risultato fu che Franco Galletti vinse la prima Marcianella battendo gli allibiti supercampioni della Guardia di Finanza e che la nostra squadra di ragazzini con le magliette troppo larghe arrivò seconda dopo il team stellare dei finanzieri. Ma questa è un’altra storia.
Pierino ci prese gusto e cominciò a cercare uno sponsor per la squadra di podisti che si era messo in testa di organizzare, lui socialista, con quella banda di comunistelli capelloni. Lo trovò, ma la seconda Marcianella fu disastrosa per i rossi colori dell’ALPA Marciana Marina: il percorso era cambiato diventando un circuito da Marciana, San Cerbone, Poggio, strada di Perone, Nevera, Pedalta, Marciana, i finanzieri ci avevano preso le misure e io e Franco eravamo già fuori combattimento e ritirati a Poggio. Una débâcle su tutti i fronti.
Pierino non si perse d’animo: cominciò a seguirci (in macchina) negli allenamenti e a reclutare altri un po’ più seri e costanti di me e Franco e che sarebbero diventati davvero dei campioni: i fratelli Allori e Gigi “Buco” Costa.
La terza Marcianella fu un trionfo: Alberto Allori primo e nuovo astro dello sport elbano, Aldo Allori secondo e destinato a una carriera sportiva che dura ancora punteggiata da innumerevoli titoli italiani, Gigi terzo e anche lui avviato a fare dello sport un pezzo inscindibile della sua vita, io quarto ma pronto a seguire le orme di Franco Galletti che – per quell’anno – si era annoiato.
La foto che aprì Il Tirreno era quella di una squadra di ragazzi e ragazze carichi di coppe e sotto, il trionfo di Pierino sorridente che innalzava la coppa della prima squadra come se avessimo vinto la maratona olimpica.
Poi Pierino si inventò il team podistico dell’Ontanelli (il nome del posto dove ha vissuto buona parte della sua vita insieme alla moglie Luciana): magliette verdi, pantaloncini bianchi, scarpe vere da corsa e trasferte anche in continente a vincere corse e a divertirsi con le sue battute e la sua bonomia che sistemava tutto, anche i problemi d’amore e i sospetti di babbi e mamme che mandavano malvolentieri le loro bimbe a correre con quella banda infestata da scapestrati che bevevano già birre nei bar e correvano con le fasce rosse intorno alla testa.
Credo che Pierino si divertisse come non mai, anche perché la nostra fama oscurò quella della squadra di calcio e quella banda di marinesi diventò così brava che non ci invitavano nemmeno più alle corse perché vincevamo tutto noi. A Rio Elba fecero apposta doppie categorie: quelle per i marinesi dell’Ontanelli e quelle per gli altri. L’Ultimo anno arrivammo secondi nella classifica toscana a squadre di corsa in montagna, dopo la mitica, inarrivabile e professionale “Orecchiella”.
Poi tutto finì come deve finire: qualcuno di noi, come Alberto e Aldo, diventò troppo bravo e cominciò a correre per team più importanti, io e Franco fummo chiamati dall’atletica Piombino ma, dopo qualche allenamento e giro di pista, preferimmo tornare sui monti elbani e a ubriacarci la notte.
Pierino della Banca ci aveva accompagnato fin lì, aveva fatto quel che poteva e voleva, sapeva già come sarebbe finita e come saremmo finiti. L’avventura verde de l’Ontanelli finì come la nostra prima corsa verso il Troppolo: dopo era territorio ignoto e ognuno di noi lo avrebbe percorsi vincendo o perdendo, cadendo, correndo, restando senza fiato e con la lingua di fuori, per qualcuno, come Franco, Marietto e Mariagrazia, il traguardo sarebbe arrivato prima.
Guardandosi indietro, quell’uomo gioviale ha rappresentato molto per noi: ci ha insegnato a correre e un bel pezzo di vita e di mondo e mi dispiace davvero tanto che questo maledetto virus che ci chiude in casa abbia impedito a chi rimane di quella banda di suoi ragazzi di allora di salutarlo.
Gli avrebbe sicuramente fatto piacere sentire tutto il suo Paese, quello che è diventato il suo Paese, chiacchierare piano e ricordarsi, con l’affetto tutti avevano per lui, battute, scherzi aneddoti, vita e Marcianelle, mentre lo accompagnava nella sua ultima corsa.
Il Paradiso, se esiste, da domani sarà più allegro.
Umberto Mazzantini