Carissimo Elbareport è salutare la gara di beneficenza che privati cittadini dai redditi normali, imprenditori, manager, artisti, ricchi e super ricchi del nostro paese stanno facendo per sostenere la sanità pubblica messa alle corde, di questi tempi, dal Covid-19 e dai tagli di spesa effettuati nell’ultimo decennio e non si può che ringraziare chi, in questi giorni, mette mano al portafoglio. Grazie, grazie ancora. La solidarietà tra chi ha di più e chi ha più bisogno è fondamentale nei momenti di crisi, ma non solo. Ben vengano 100, 1000 donatori. Il Servizio Sanitario Nazionale, almeno in alcune Regioni, e la stessa Protezione Civile non sono stati completamente travolti dal Covid anche grazie, oltre che all’abnegazione del personale del SSN e del volontariato, alle donazioni private, grandi o piccole che siano.
Fra non molto toccheremo con mano che la solidarietà, tuttavia, non funziona a singhiozzo, ampia e efficace nei momenti di assoluta emergenza per diventare latitante quando, ad emergenza passata, ne serviranno dosi massicce e continuative per tentare di rammendare, possibilmente meglio e meno smagliato di quanto era, il tessuto sociale e economico del Paese ben sapendo che nel Paese è compresa anche la nostra isola. Per questo chiediamo a gran voce la solidarietà dell’Europa. Un patto di mutuo soccorso che starà a noi rispettare quando altri ne avranno bisogno. Chiedere, si sa, vuol dire rendersi disponibili anche a dare.
E allora, a titolo di esempio, mi rivolgo a tre categorie di connazionali che forse, avendo provato in questi giorni il piacere del dare, magari attraverso consistenti donazioni alla Protezione Civile o al Servizio Sanitario, non vorranno negarselo negli anni a venire:
con speranzosa cordialità a tutti coloro che, fino a qualche settimana fa, hanno evitato di fornire, sotto forma di tasse dirette o indirette il loro contributo ai servizi che lo stato eroga ai cittadini esibendo la “buona coscienza” di chi si difende da un presunto tentativo di furto e autoassolvendosi di conseguenza dal vero e proprio furto da loro compiuto ai danni della collettività,
con rispettosa deferenza anche agli azionisti e ai manager, magari innamorati frequentatori della nostra isola, che trasferiscono le sedi amministrative delle holding o delle imprese che possiedono o dirigono in paesi attraenti solo per gli sconti fiscali praticati alle aziende straniere che vi si insediano (amministrativamente visto che la produzione viene invece talvolta spostata in paesi nei quali il costo in denaro dei lavoratori grandi e piccini è simile a quello del mantenimento di un cane da compagnia nel nostro, magari in Bangladesh),
Con fraterna sollecitudine anche ad un buon numero di pensionati benestanti che, in virtù di accordi demenziali stipulati in anni lontani, e purtroppo mai abrogati, da sgoverni quantomeno allegri , se ne vanno a vivere, spesso solo formalmente, in paesi dove le tasse non si pagano (quasi o del tutto) riservandosi tuttavia di usufruire, quando ne hanno bisogno, dei servizi che gli altri cittadini dello stivale pagano in proporzione ai loro redditi.
Credo sia facile ormai riconoscere che la solidarietà, se tale vorrà essere senza ridursi a furbetta ipocrisia saltuaria, dovrà consolidarsi in quel che oggi chiamiamo lo stile di vita, riconoscendo alla collettività e alle amministrazioni che la rappresentano quanto loro dovuto e pretendendo in cambio servizi e assistenza adeguata quando serve, evitando di ripetere per gli anni a venire le, chiamiamole così, distrazioni fino ad oggi avute.