So benissimo che il "nostro" giornale tratta spesso e volentieri (e giustamente aggiungerei) di notizie legate alla "nostra" isola, ma oggi scusatemi ma mi sento di trasgredire le regole.
Si perché oggi mi sono svegliato con l'assurda idea di far conoscere, in pochissime righe, che città è stata e continuerà ad essere, la città di Beirut.
Esattamente undici anni fa arrivai a Beirut in barca a vela dopo un luogo viaggio partito da Roma.
Non so quanti altri italiani hanno tracciato la mia stessa rotta con una barca a vela ma francamente non credo molti, forse si contano sulle dita di una mano. Beirut del resto non è sicuramente una delle mete turistiche più gettonate, ma invece fu per me una scoperta incredibile.
Sappiate infatti che Beirut probabilmente è la città in cui si annidano i più grandi contrasti di cui l'umanità è stata capace di costruire. Del resto non esiste al mondo una città come Beirut, un crocevia tra occidente, oriente e Africa, dove contemporaneamente si parlano tre lingue: arabo, francese ed inglese.
In pochissime parole Beirut è contemporaneamente sia estrema ricchezza che estrema povertà, così come estrema cultura ed estrema ignoranza, e per finire estrema bellezza ed estrema desolazione.
Beirut, per intenderci, è il Libano, ovvero il paese natale di gente come Khalil Gibran, l'autore del capolavoro assoluto de "Il Profeta".
Qualcuno si domanderà se dopo le esplosioni di ieri Beirut non esiste più o meno.
Ebbene io mi sento di dire di No, perché Beirut è proprio così, ovvero un cambiamento dopo l'altro, un campo di battaglia che ci ricorda che la vita non è sempre facile ma che non per questo bisogna mollare mai.
Beirut infatti sono sicuro che rinascerà dalle sue macerie, perché la gente che la abita non sa fare altro.
Scusate la mia intrusione nei "grandi problemi" legati alla stagione turistica della "nostra" isola, ma forse forse fa anche bene ogni tanto soffermarsi su altre realtà.
Marco Cesareo