Uberto buonanima era micidiale nello sfottere; a noi aveva appiccicato il nome d’arte de “Il Matto delle Giuncaie” per la nostra giovanile irruenza, chiamava “Reverendo” Giampiero Berti (che ci si incazzava parecchio), “Grondaia” l’Onorevole Primo Lucchesi e raccontava episodi buffi di cui erano stati protagonisti tanti altri ferajesi.
Un giorno ci parlò dei “turbamenti del giovane Marcello”, di quando un suo compagno di classe si confidò con lui dicendogli che era stufo di studiare al liceo, quanto gli pesava stare sui libri, ed al contrario quanto lo appassionava partecipare alle attività commerciali paterne, raccontandogli in maniera particolareggiata la soddisfazione che provava nell’esporre ai diversi clienti le virtù e i prezzi delle diverse merci, “cose solide - diceva - vere …”
Uberto a quel punto tentò di replicare: “Sì, ma c’è anche lo spirito” Ma Marcello, rampollo di una famiglia, che sempre ferramenta aveva trattato, forse equivocò pensando che non di spiritualità ma di alcol parlasse l’amico, forse finse di non capire stando al gioco, tanto è che rispose: “Lo spirito lo facciamo 35 lire al litro!”.
A qualcuno parrà irriverente che ricordiamo una persona che è appena scomparsa a partire da uno sfottò ma se lo abbiamo fatto è perché di Marcello Celebrini serberemo sempre il ricordo professionale del commerciante, anzi del commerciante antico, che sapeva trattare con educazione e cortesia anche il povero cristo che entrava nel suo negozio per comprare un fagottino di civiglie, qualche vite o qualche chiodo.
Ricordiamo quanto ci colpiva il rispetto con cui ci trattava quando stavamo ancora alle elementari ed andavamo da lui ad acquistare le lame per il traforo, la quasi deferenza che ci dimostrava salutandoci e chiamandoci per cognome, laddove qualche altro negoziante ci avrebbe apostrofato al massimo con un “Che voi bimbo?”
E ci furono stagioni in cui entrammo molto spesso nella sua ferramenta di Piazza Cavour, presso la quale il PCI aveva un conto aperto, spesso saldato a fatica, quel partito non comprava lingotti ma, appunto “a chiodo”, chiodi per tendere le tele sui vecchi pannelli, vernici e pennelli per riempirli di grandi scritte colorate e slogan per “vestire” la festa dell’Unità alle Ghiaie. Marcello era sempre lì con la sua eterna gentilezza a consigliarci: “Prendi questo Rossi, costa di meno e fa più effetto …”
Si era “schiodato” da poco dal negozio in cui aveva trascorso una intera esistenza, ed ora si è “schiodato” pure dal resto: dalla sua famiglia, dalla sua Portoferraio … dalla storia minima e quotidiana delle brave persone che per tanto tempo hanno contribuito a rendere vivibile questo paese, il suo cuore dentro le mura. E’ triste, ci dispiace ..
sergio rossi