Un giorno guardandoti all’improvviso allo specchio, scopri che dall’altra parte c’è un anziano che non conosci, che ti ha preso alla sprovvista. Ti somiglia – somiglia anche al tu’ babbo – ma non sei te.
E’ la fine dell’illusione che il ragazzo che eri sia sopravvissuto alla vita. Era un inganno degli occhi, un miraggio del cuore e della ragione, la fine della gioventù che ci fa credere eterni e immutabili, immortali.
Quell’uomo che ti prende alla sprovvista spuntando da uno specchio e che ti guarda sbalordito e preoccupato, nel quale ti riconosci ma non ti ritrovi, è la tua nuova vita. Da domani sarà il tuo compagno nello specchio. E' lo spirito dispettoso della maturità, il fantasma del tempo, il cambiamento che piano piano ti cambia il fisico, la faccia e l’attitudine verso il mondo.
E’ una nuova consapevolezza e un’attesa e, se si è fortunati, è il temperamento delle certezze con una nuova tolleranza, con l’accettazione di quel che si è diventati, delle idee degli altri, nostalgia di una vita tutto sommato ben spesa, delle follie giovanili, delle ragazze non baciate, dei troppi pochi baci dati alla donna che ami. Può diventare persino un pizzico di saggezza
Se non si è fortunati può diventare incattivimento, rancore, paura di chi non è come te e del mondo che non capisci e non vuoi più capire, rimpianto e fiele.
Ma comunque, quasi per tutti diventa fiatone grosso in cima a una salita dove prima correvamo.
E’ da lì, da quello specchio fugace, che guardiamo la vecchiaia che arriverà.
E la vediamo vivere piano negli occhi appannati dei nostri vecchi – mai tanti oggi quanto mai pochi sono i giovani – che stanno vivendo pezzi di vita che prima, quando eravamo giovani. erano inusuali, miracolosi, venerandi e venerati e che ora sono diventati una normalità di pannoloni e orari di medicine, gocce e cerotti.
Io la vecchiaia la vedo ogni giorno con la mi’ mamma seduta accanto a me mentre lavoro con una macchina elettrica che non capisce e parlo da una cuffia e un microfono a quelli che lei pensa che siano fantasmi. Una cosa improbabile, una parodia da folle.
Jole, che vive con me senza sapere spesso che tipo di parentela abbiamo, in una quotidianità dove il tempo, le persone, i morti e i vivi, i luoghi della vita e i fatti che quella lunga vita hanno segnato come ferite, si intrecciano in suture e rughe che sono diventate un gomitolo senza bandolo. Un tempo dilatato e brevissimo, dove tra la bimba abbandonata in un collegio di suore a Roma e la bella vecchina rugosa e con la bocca sdentata, che quando mangia di gusto gli tocca il naso, non c’è distanza. Sono la stessa cosa. L’essenziale di una vita dura, dove tutta la memoria si sta perdendo in un labirinto dove cedono i ponti, e bisogna andare avanti, in attesa che tutto si perda.
E Jole, che sbuccia la sua frutta, scarta la cioccolata e beve la medicina amara – perché fa bene - con la stessa attenzione preoccupata di quella bimba del collegio delle suore, non è ritornata bambina, perché la bimba che era imparava a sbucciare la frutta, imparava la destrezza della vita, la vecchia che è ora ha paura di non saperlo fare più. E anche l’incarto di un cioccolatino è un quotidiano mistero da risolvere.
Non ci sono più specchi ingannatori. I vecchi lo sanno, anche se si sono dimenticati tutto, anche se del mondo gli interessa ormai solo il sole, le nuvole, un bacio, una carezza e le fusa di una gatta. Anche se tutto svanisce nella memoria nebbiosa e nelle ossa doloranti.
E i vecchi sanno che non è vero che, come ci piace dire, non li dimenticheremo mai.
I vecchi sono ormai già così vecchi da essere sconosciuti e dimenticati dai più. A volte qualcuno si meraviglia che siano ancora vivi. A volte se ne meravigliano loro per primi.
Sanno che presto saranno dimenticati, svaniranno con i nostri ricordi che svaniscono.
Sanno che il ricordo, il giuramento del ricordo indelebile, è come quello specchio ingannatore in cui tutti prima o poi ci imbattiamo, che si appanna, ma nel quale un giorno si specchierà una ragazza o un ragazzo che somigliano a loro, a come erano i vecchi da giovani, avranno gli stessi occhi luminosi e lo stesso sorriso eterno.
E’ la vita.
Umberto Mazzantini