Che andando per boschi (specie nella buona stagione e non adeguatamente vestiti e calzati) si rischi di essere punti da una zecca, è cosa più che nota e abbastanza frequente; un po' più raro che l'incontro con il poco simpatico parassita lo si registri su una spiaggia. Eppure è accaduto che due bagnanti negli ultimi giorni, in due distinte spiagge del versante occidentale, siano stati punti, entrambi alla schiena, dall'aracnide.
Ora è vero che non è il caso di creare allarme, sia per la rarità dell'evento, che perché (a dispetto della pessima fama goduta dall'artropode) i casi in cui si registra la trasmissione di seri agenti patogeni sono prababilisticamente quasi irrilevanti, ma, oltre a suggerire un quid di prudenza aggiuntiva a chi si sdraia sui litorali, c'è da chiedersi il perché della sgradevole ed inusuale presenza "spiaggina" di questi pessimi soggetti. Il fatto è che le ornamentali pecore selvatiche che affollano ormai le nostre alture hanno preso a trasferirsi, specie nottetempo sui litorali, e i mufloni sono allevamenti di zecche ambulanti.
Passando da un quadrupede nocivo all'altro - ma restando sempre sullo stesso versante insulare - l'andamento siccitoso della stagione ha evidenziato un'altra abilità dei suini selvatici pelosi che tutto il mondo ci invidia - anche loro peraltro ottimi produttori di zecche - già dimostratisi talentuosissimi nel rompere i coglioni agli umani e all'equilibrio floro-faunistico dell'Elba, nelle più disparate maniere: predando colture, sfasciando terrazzamenti e muri a secco, rovinando il reticolo idrogeologico, "zappando" giardini, portando all'estinzione specie animali e vegetali autoctone, causando incidenti stradali etc.
Ci giunge infatti segnalazione di sempre più frequenti "attacchi" dei cinghiali alle condotte idriche (specie quelle collegate a poche o singole utenze) che queste bestie "sbucherano di sottotera" (ragiungono scavando il terreno per i foresti) e poi spaccano agevolmente, riuscendo a bere l'acqua che non trovano più nei fossi e sorgenti in secco.
A questo punto diventa addirittura frustrante ripetere al vento che c'è una sola dispendiosa, complicata ma ineluttabile strada da battere: quella della totale eradicazione di queste bestie nocive (scelleratamente introdotte) dal territorio dell'Elba. Un'azione che sarebbe pia illusione pensare di affidare al "volontariato venatorio", che ha già dimostrato tutta la sua incapacità di arginare la esplosione di un fenomeno di cui porta la colpa principale.
No, qui serve una task-force di abbattitori professionisti, investimenti e mezzi, come sarebbe giusto fare in presenza di un problema divenuto anche di ordine pubblico.
Manteniamo comunque la speranza che dai chiacchierifici comunali, di fronte ad una cittadinanza sempre più incazzata, giungano sollecitazioni e impegni precisi, che almeno i signori maggiorenti comprendano che la totale cancellazione dalla faccia dell'isola di questi flagelli, costituirebbe l'intervento di maggiore importanza che si potrebbe compiere, non solo per la salvaguardia ambientale, ma pure per la qualità della vita di residenti ed ospiti, e per l'economia di quest'isola.