Una ottocentesca dama vestita di tutto punto alla moda dell'epoca, con tanto di busto e crinolina coperte da una lunga veste, che lasciava appena intravvedere la vezzosa caviglia si promenava. Ella cercava refrigerio dalla calure estive camminando sul litorale, sotto l'immancabile ombrellino, accessorio indispensabile, a quel tempo solo le popolane mostravano un po' di segni della volgare abbronzatura; l'ideale di bellezza femminea era il pallore quasi eburneo, e poi, dai cocenti rai del sol ella, così, cosparso il delicato volto di efelidi, così incorniciato il viso dal rosso crine ricadente a boccoli sulle spalle, particolarmente doveva schermare tanta delicatezza.
Orbene, così fequentemente ella si giva colà, del risonante mar lungo la riva, che i paesani presero a nominare il luogo come "la spiaggia della Rossa", poco importa che già da secoli e millenni i rivi avessero là trascinato rocce frantumate e sminuzzate che conferivano un caratteristico colore rossastro...
Lo afferma la memoria popolare e si sa che la tradizione vince sempre sulla geologia, e poi lo conferma nientepopodimenoché il borgomastro (che probabilmente già all'epoca esercitava l'arte di medico e cerusico) e questo decisamente taglia la testa al topo.
Dato quindi per scontato che La Rossa prenda nome dalla mitica signora, che la Feniccia marinese debba il suo toponimo dall'antico quasi omonimo popolo degli adoratori del Dio Baal, che evidentemente usavano partire dall'odierno Libano, per venire qui a bagnarsi, e che lo Zuccale sia stato luogo ove un tempo, una setta esercitava la pratica penitenziale di prendere a testate gli scogli, andiamo avanti, anzi indietro.
Ricapitolando (ma in ordine cronologico approssimativo)
a) La fu spiaggia della Rossa viene sotterrata da 210 tonnellate di cazzotti in un occhio in forma di una bianchissima distesa di sabbia che coll'aspetto di tutte le altre spiagge elbane collide (non c'entra una sega);
b) Quei patentati rompipalle di Legambiente protestano e chiedono da dove diavolo arrivi quel frantumato petroso biancume, e la notizia dell'improvvido ripascimento fa il giro d'Italia ne parleranno tra gli altri Rai, Repubblica, Corsera, il Fatto, Tirreno, Unione Sarda);
c) Si apprende che la sabbia della discordia viene da Stintino in Sardegna
d) Da Stintino smentiscono nessun prelievo di sabbia dalle nostre spiagge tra le quali la famosa "La Pelosa", e non osiamo immaginare cosa verrebbe fuori cercando di spiegare la denominazione del luogo con il metodo elbano.
e) Si sa che il materiale in questione l'ha "careggiato" l'EURIT (toh!) attualmente impegnata a mangiarsi la collina della Crocetta nel medesimo ridente comune longonese, con la benedizione del Gonfaloniere e nella totale inerzia degli indignati a corrente alternata defensores insulae (ma questa è un'altra storia)
e) Precisazione: la candida "sabbia" è sì sarda, ma poco "marina" proveniendo da una cava di Buddusò (!)
f) Ultima e più graziosa di tutte: dalla stessa cava sarda è gia stato prelevato simile materiale per un "ripascimento" a Stintino, un po' travagliato però, perché approdato - come afferma l'Unione Sarda - lo scorso anno ad un'azione penale ed pure al temporaneo sequestro della spiaggia.
Siamo quindi messi benissimo!
Ci torna strano che in tutto questo mediatico e spiaggino casino ancora non abbia aperto bocca la Regione Toscana, che pure ha pagato il ripascimento della discordia, e un controllino sull'esecuzione ci pare avrebbe dovuto farlo.
Ma aspettiamo con fiducia.