Molti anni fa un mio caro amico romano, Michele Conforti, regista televisivo, mi parlò di Piero Angela e del lavoro che aveva svolto con la sua squadra di Quark, firmando parecchi dei servizi andati in onda.
Sono passate più di trenta primavere, ma mi ricordo perfettamente di come Michele descriveva la signorilità, la pazienza, il puntiglio con i quali Angela affrontava le mille difficoltà di produrre in due stanze, con fondi limitatissimi, quel "miracolo settimanale" che erano le sue trasmissioni.
E mi raccontò Michele, tra l'incazzato e il divertito, di un'altra produzione RAI che si realizzava negli spaziosi studi contigui, dove il "dominus" (di cui per carità di patria televisiva ometto il nome) editava con l'ausilio di una banda di collaboratori, tecnici e segretari, con cospicui mezzi finanziari, con elicotteri e motovedette pubbliche "a disposizione", un altro programma, le cui puntate avevano un successo infinitamente minore di Quark.
Il perché della incongruente differenza di trattamenti era facilmente spiegabile, Angela era un maestro nella sua professione, che cresceva nella considerazione del pubblico solo ed esclusivamente per i suoi meriti, da spirito libero, senza legarsi a carrozzoni politici. L'altro un fior di "ammanicato" con il potere. Punto.
Così oggi, dopo aver ascoltato una serie di tempestivissimi quanto lacrimosi "coccodrilli" RAI sulla figura di Piero Angela, dopo essermi ricordato del racconto di Michele, e pure influenzato dal clima di "miseria politica" di questi giorni, mi è "scappato" un lapidario post su Facebook:
"Scompare un grande italiano, sopravvivono parecchie mezze-seghe".
Ora io non faccio certo testo: i miei "amici" di tastiera (quelli che potenzialmente possono leggermi) non sono uno spicinìo, ma, in solo un'ora, decine e decine di persone (delle più diverse estrazioni e filosofie) hanno marcato il loro essere d'accordo.
Stai a vedere che stavolta ho imbroccato la strada del comune sentire.
Sergio Rossi