Come già accaduto in precedenti stagioni estive ci giunge segnalazione dal versante occidentale elbano di persone morse da zecche.
I veicoli più importanti di questi fastidiosi (ed in alcuni casi pericolosi) parassiti non sono da ricercarsi, bensì da constatarsi, nell'abnorme proliferazione dei mufloni, che sono dei veri e propri taxi seminatori di zecche, anche in luoghi che un tempo non frequentavano, come le strette pertinenze delle abitazioni umane e perfino le spiagge dove si calano nottetempo.
E le zecche, già aiutate ad espandere le loro aree di competenza dal riscaldamento globale, sentitamente commosse, rigraziano per i viaggi offerti.
Questi "leggiadri cornuti" che qualche "anima bella" vorrebbe perfino protetti (o al limite catturati con mezzi incruenti ma efficaci come il sale sulla coda), sono in realtà (con i loro compari cinghiali) un'autentica sciagura per l'ambiente dell'isola.
Un flagello per i boschi che già hanno rapinato di biodiversità, con leccete che non si rinnovano poiché questi pittoreschi pecoroni brucano i germogli, per la gioia degli agricoltori e degli orticoltori, che ormai sono (quando va bene) a mezzadria col padron-muflone e padron-cinghiale, per i proprietari dei giardini assassinati, per il reticolo idrogeologico distrutto, per i secolari muri a secco crollati.
Le zecche sono solo l'ultimo dei mali indotti.
Tutto per il comfort e per la sicurezza stradale e generale dei bipedi isolani e dei loro ospiti.
Attendendo, come Godot (o come il canile), che le denunce, le enunciazioni, i piani si traducano nella eradicazione degli ungulati nocivi da un'isola che non è la loro, per nessun verso.