Gigi Riva è un caso particolare, perché non è come Totti per Roma, Maldini per Milano o Antognoni per Firenze, metropoli dispersive in cui l’acerrimo rivale è proprio in casa, o nella migliore delle ipotesi subito dietro, ingobbito, girato l’angolo.
Qui i confini sono ben delimitati, attorno c’è il mare, che separa ma al tempo stesso protegge, dalle contaminazioni, da tutto.
Qui siamo su un’isola, una terra, abitata da un popolo, orgoglioso come solo chi ha matrice di scoglio può essere.
Recita lo slogan: una terra, un popolo, una squadra.
Quel popolo, con il suo proverbiale orgoglio, si è altresì incarnato in quell’uomo - che in Sardegna neanche ci voleva andare - come mai in nessun altro.
Io mi chiamo Michele Melis: il cognome, già di per sé, è un forte indizio sulle mie origini.
Sono anch’io isolano, sì, ma non sardo, elbano.
Mio padre è sardo (di Calangianus), ma mia madre era toscana, di Portoferraio ed io sono nato e vivo lì.
Vi racconto un banale episodio che però dice tutto su quello che Gigi Riva è per i sardi.
Vado spesso in Sardegna a trovare i parenti ed ho il mio gruppo di amici laggiù.
Una volta, seduti al tavolino del bar, ragionando di pallone ovviamente, non mi ricordo bene come, il discorso ricadde su Gigi Riva.
Volevo tessere anch’io le lodi, ero ferrato in materia, ricordavo bene cifre, record di gol (tutt’ora imbattuto) in nazionale, infortuni ecc…
Credevo di sapere tutto, invece non avevo capito nulla.
Non è come per un partenopeo, il quale, se stuzzicato, manifesta la sua euforia e non può nasconderla, anzi se può la condivide con tutti, perché tanto è più forte di lui: gli si gonfia il petto di gioia e gli brillano gli occhi anche al solo riecheggio del nome “Diego”.
Nossignori, con Gigi Riva non è così.
Casomai è l’opposto, perché c’è una forma di protezione, di possessività, per una storia d’amore tra un uomo, approdato giovane senza più genitori in una terra apparentemente ostile, ed una comunità che invece, nel tempo, in punta di piedi, è diventata la sua grande famiglia.
Parole sue in un’intervista rilasciata a Gianni Mura una ventina d’anni fa: "In Sardegna sono arrivato incattivito dalla vita, ero senza famiglia e ne ho trovate tante".
Seppur mezzosangue, ero l’unico non “sardo puro” quel giorno al tavolino; del resto, la pronuncia della c aspirata rimarcava chiaramente quelle che erano le mie origini per cui, quando andai per aprire bocca, venni immediatamente stoppato.
Ma non a voce, e nemmeno a gesti. Con lo sguardo.
E non di uno solo, di tutti.
Freddato così, seduta stante, come ai saloon nel far west: ancora oggi, quando ci ripenso, mi si drizzano i peli.
Semplicemente: non avevo i requisiti. Qualsiasi cosa avessi detto, avrei violato la loro sacralità.
Fatevi ora un giretto a Roma, a Milano o a Firenze, nelle famiglie popolari, e scrutate.
Scrutate nelle credenze, nei comò e nei comodini.
Nisba.
Poi andate a Cagliari o a Sassari.
O, meglio ancora, andate in un pesino semi-sperduto della Barbagia o dell’Ogliastra, magari in famiglie umili, dove si lavora di fatica da quando sorge il sole a quando tramonta, e scrutate anche lì.
Scrutate in quegli arredamenti spartani: accanto a santi e santini, oppure come intruso in cornice di una foto sbiadita di qualche antenato, ci sta che ci troviate anche lui.
Certo, in più di un caso ce la troverete eccome una sua fotografia, a testa alta e sguardo fiero, con il colletto della maglietta allacciato col nastrino e lo stemma dei quattro mori cucito sul petto, a sinistra, dove batte il cuore.
Gigi Riva, dalle Bocche di Bonifacio a Capo Teulada, è sempre stato un totem, ma vallo a spiegare…
Da wikipedia: totem è un'entità naturale o soprannaturale che ha un significato simbolico particolare per una persona, un clan o una tribù, e al quale ci si sente legati per tutta la vita.
Per tutta la vita, appunto.
E, ci mancherebbe altro, da tramandare.
Perché quel giorno al bar in Sardegna eravamo tutti giovani, troppo giovani per averlo visto giocare.
Internet era ancora agli albori e la maggior parte delle informazioni proveniva per forza da racconti.
Ma non importa, il punto è un altro.
I miei amici con lo sguardo hanno fulminato me ed avrebbero riservato lo stesso trattamento a chiunque.
Gigi Riva non si tocca.
Gigi Riva è roba loro.
E soltanto loro.
Michele Melis