“Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”.
Ci piacerebbe consolarci con questo aforisma di Karl Marx, pensando all’ultimo secolo della nostra storia. Ma forse le cose sono più complicate, e la Storia ovviamente è più complessa degli aforismi. E anche la storia delle vicende degli ultimi tempi, diciamo dall’inizio della corrente legislatura, sulla quale abbiamo svolto una breve riflessione, è ugualmente più complicata e complessa del titoletto che gli abbiamo dato.
La Destra politica ha vinto le elezioni e si è insediata nei luoghi del potere. In tutti. La Destra direttamente, apertamente, senza chaperon, senza i mascheramenti che avevano caratterizzato a sprazzi la vita della Repubblica, fondata appunto sulla Resistenza alla Destra fascista. E lo ha fatto in maniera piena, diremmo esagerata, e perfino legale, grazie soprattutto a due sventure non avvertite e non arginate nella precedente legislatura: la riduzione del numero dei parlamentari -cavalcata allegramente in una dissennata gara per una falsa “semplificazione”, condita con il catalizzatore del “risparmio” di risorse statali, per non farsi mancare un po’ di demagogia-; e la legge elettorale -follemente prodotta per tutelare il mantenimento del potere di chi l’aveva proposta e che, come s’usa e come sempre, ora è spariti o quasi-: una legge elettorale fatta su misura per far vincere tutto anche con una manciata di voti -purché più numerosi di quelli degli avversari-, dando per scontato che a votare vanno sempre meno cittadini.
La vittoria elettorale è andata al partito che era rimasto fuori dalle grandi coalizioni che hanno sostenuto gli ultimi tre governi, variamente popolari, e ha potuto recitare a un tempo il ruolo della “novità” e quello della vittima esclusa dal Potere -solo contro tutti, quasi eroico: e le vittime sono sempre innocenti-. Per governare è stato necessario allearsi con altre forze, anche se gli alleati avevano “partecipato” ai governi precedenti; ma per questo sono stati duramente puniti dai loro elettori, che li hanno ridimensionati consegnandoli a un ruolo di mero supporto. La Lega -a opera del segretario Salvini- si è trovata a tentare un’impossibile rimonta combattendo la forza egemone, Fratelli d’Italia, da posizioni spostate sempre più a destra, anzi decisamente di Destra estrema. Nella pratica si è accesa la lotta ad accaparrarsi il consenso delle potenti corporazioni d’area, sostituendo con la promessa di “sostegni” ogni e qualsiasi programma politico, cioè economico e sociale: ma, si sa, le promesse accompagnate dal potere sono più credibili, e vedremo come va a finire. Forza Italia ha vissuto assieme al ridimensionamento elettorale anche la scomparsa di Berlusconi, cioè della sua ragione sociale e della sua immagine; e tuttavia la sua fama di forza moderata l’ha per ora salvata da un drammatico tracollo.
Il governo che si è formato intorno alla figura assolutamente dominante di Giorgia Meloni presenta un personale umano che fotografa perfettamente la compagine “politica” che ne è alla base. A parte tre o quattro ministri più caratterizzati tecnicamente, gli altri sono “amici”, sodali di vecchia data finalmente ricompensati per la fedeltà e l’impegno. E mediamente indifferenti a programmi, a progetti, alla “politica”, sistematicamente sostituiti da slogan facili e “popolari”: sicurezza, severità, merito, liberà di gestione delle imprese, tutela degli interessi personali. Tutto riparato dal mantello ampio e sempre di moda della triade Dio, Patria, Famiglia.
Non interessano i problemi, ma i provvedimenti: fermare i mercanti di uomini -e chi potrebbe dire di no-, fermare i mercanti di droga, fermare i rave party, le manifestazioni ambientaliste, le “dimostrazioni non autorizzate”. Delle cause delle migrazioni, o del disagio giovanile, o del deterioramento dell’ambiente non importa occuparsi. Poi il jolly del nazionalismo (che va sempre di moda) applicato alla produzione -made in Italy, agricoltura nostrana, turismo-, ma guardando all’Europa, che è pur sempre un bel mercato -armi e armamenti-, anche con riconversioni decise rispetto a tempi recenti. Anzi, la conversione all’Europa della signora von der Leyen -che viene in visita ormai con stretta periodicità- offre la possibilità di adeguarsi senza perdere tempo a elaborare.
L’occupazione minuziosa di tutti i posti di dirigenza di qualunque cosa risponde meravigliosamente all’esigenza di “confermare” la fedeltà degli amici e a un tempo di eradicare la cultura “mainstream” di sinistra -ve la ricordate? C’era una volta..-, senza dare ragioni delle scelte, senza sentire ragione delle perplessità o delle rimostranze: “Ora ci siamo noi e si fa come si vuole”.
Di qui il fastidio, o l’insofferenza, per ogni forma di dissenso. E se qualcuno -qualche sindacalista, insegnante, studente, giornalista, uomo di cultura o di scienza- insiste a chiedere spiegazioni, a chiedere motivazioni, ecco il revanscismo: “Finché c’eravate ‘voi’ ci avete tenuto fuori da tutto. Ora ci siamo noi”. O il vittimismo: “Ma qualcuno pensa davvero che il Governo o qualche ministro abbia voluto che questa gente morisse” -conferenza stampa di Cutro-: ma nessuno muoveva questa accusa; si chiedeva -e lo ha chiesto ieri la leader del maggior partito di opposizione- perché non si era fatto in modo che non morisse, utilizzando ogni strumento disponibile. Le ha risposto il presidente dei deputati FdI: il governo era impegnato a combattere i trafficanti di essere umani “in tutto l’orbe terracqueo”. Non poteva occuparsi anche di quel centinaio che stava morendo a cento metri dalla spiaggia. Riecco lo slogan, che prevale sul problema.
Così per l’“ordine pubblico”: non si consentirà a nessuno di turbarlo o di turbare i suoi tutori. Non ci sono temi di dissenso (o di consenso) che tengano: la cosa che conta è il turbamento. Se l’assembramento non turba -come ad Acca Larentia-, va bene. Se turba, va stroncato.
Probabilmente non è questione di ritorno allo squadrismo fascista o alla violenza di Stato modello Scelba: domani forse la Presidente del Consiglio dirà: “Ma qualcuno pensa davvero che il Governo o qualche ministro abbia voluto che i giovani dimostranti si facessero male”? (Anche se Salvini ha detto che “se qualcuno tocca un poliziotto o un carabiniere è un delinquente”, indipendentemente da tutto; e in quel caso ‘non va dimenticato che i poliziotti sono uomini, non robot’ (cioè se menano è perché sono umani). Osservava ieri su “Repubblica” Benedetto Della Vedova (+Europa), “I casi sono due: o hanno delle indicazioni dall'alto sbagliate, oppure ritengono che siamo in un clima diverso in cui si può picchiare". Un clima diverso: “Ora ci siamo noi”. E allora -dice sempre ieri Serra nell’“Amaca” di “Repubblica”-i giovani “si iscrivano al liceo del Made in Italy (fiasco totale) e scrivano letterine patriottiche. Invece di fare politica facciano regime, e più nessuno si farà del male”.
Siamo alla farsa. Ma non viene da ridere. Speriamo solo che non duri vent’anni.
Luigi Totaro