Gentile Direttore, caro Sergio
Ti chiedo il permesso di occupare un po’ dello spazio del tuo giornale per una riflessione - di parte - relativamente al valore dell’inclusione, per cercare far capire il punto di vista di chi ha “lo spettro” in casa ma non può chiamare l’Acchiappafantasmi.
Come molti sanno, poco dopo aver perso mia mamma è arrivata la diagnosi di autismo per mia figlia piccola, Violetta. Nel corso degli anni per consolarmi mi sono state dette un sacco di cose molto carine, tipo che questi bambini molto più intelligenti degli altri (tanti piccoli Rain Man con cui sbancare il casinò) oppure che Dio ha scelto noi perché affida queste benedizioni solo a persone speciali (non credo in Dio e se mai dovessi incontrarlo lo terrei al tavolino una settimana intera a spiegargli un paio di cose). In realtà niente di tutto ciò è vero e niente di tutto ciò consola: la diagnosi di autismo, come anche di una qualunque disabilità, è come fare 100 alla Ruota della sfortuna. E, come se non bastasse, invece della batteria di pentole e della bicicletta con cambio Shimano, la vita ci aggiunge il carico dell’insonnia, dell’ansia, della paura del futuro, della burocrazia, della gente e, nel mio caso, anche dei chili di troppo.
Noi genitori ci troviamo da un giorno all’altro appioppata sul groppone questa grossa croce con la quale cammineremo sempre e che, nella migliore delle ipotesi, lasceremo agli altri figli, nella peggiore alla società. In ogni cosa che facciamo, l’autismo ci accompagnerà sempre, fino alla tomba e anche dopo. Al lavoro, a fare la spesa, in vacanza, al mare, in compagnia degli amici, la notte (soprattutto la notte) l’autismo è lì che ci ricorda la sua presenza. Chi non ha fatto cinquina alla tombola della sfiga, al massimo se lo ritrova fra i piedi in qualche recita scolastica, un paio di volte al ristorante, in fila alla Posta e a qualche compleanno. Ed è proprio qui che voi genitori di bambini normotipici dovreste pensare al grosso debito che avete nei confronti dei nostri figli! I nostri figli difficilmente soffieranno ai vostri un impiego in banca e altrettanto difficilmente vinceranno medaglie al loro posto, alcuni addirittura non avranno accesso neppure all’affettività e a tutte quelle belle cose che desiderate per i vostri, come creare una famiglia e darvi dei nipotini. Molti addirittura non hanno voce, se non dopo anni e anni di logopedia.
Provate allora a aiutare questi genitori a sollevare questa maledetta croce e a fare un pezzo di strada con loro! Si sta organizzando una gita ma l’autobus non ha le caratteristiche dell’accessibilità? Siate voi a protestare per primi, togliete questa incombenza ai genitori. Vedete al ristorante un bambino disturbante e fastidioso? Non guardatelo come se fosse una bestia di Satana, forse si tratta di Meltdown e, se proprio vi rovinerà la serata, ricordate che quella potrebbe essere l’unica serata per i suoi genitori. State organizzando un compleanno? Allora mettete quei bambini come primi della lista e controllate cento volte se hanno ricevuto l’invito. Chiamate i loro genitori e tranquillizzateli, perché tutto andrà bene e si divertiranno tutti.
Rendere la società migliore è compito di ognuno di noi, tutti devono fare la loro parte e nessuno deve sentirsi esentato. Perché la pagliuzza corta può capitare a chiunque, e allora sì che sono dolori!
Siate migliori di me, io molte cose le ho capite “dopo”, ma voi avete la possibilità di capirle “prima”.
E mi raccomando, se non avete diritto non posteggiate nei parcheggi riservati neppure per un minuto!
Un abbraccio a chi si trova nella mia situazione, ricordatevi che io ci sono e ci sarò
Roberta Pellegrini