Dovremmo chiamarle blatte, scarafaggi, ma noi ferajesi le abbiamo sempre chiamate "piattole" per la capacità di appiattire il loro esoscheletro e penetrare ovunque, infestando coi loro nidi le vecchie case, provocandoci, ribrezzo inducendoci ad ucciderle schiacciandole sotto la suola delle scarpe.
Ieri come milioni di altri ho assistito in TV ad una spietata esecuzione capitale: quella di un essere umano schiacciato come una piattola dalle ruote di un auto, che gli passava con tutta evidenza volontariamente addosso, tre forse, quattro volte.
Finito il "lavoro" l'esecutore, nel caso una rispettabile signora, imprenditrice balneare viareggina, è scesa dall'auto ha recuperato la sua preziosa borsa che l'uomo-piattola gli aveva scippato, prima che lei "brillantemente" lo avesse inseguito, investito e "giustiziato".
Risalita in auto a "missione compiuta", la donna si allontanava lasciando i miseri resti dell'uomo-piattola sulla strada, chissà forse per riprendere la sua normale vita, di cui quel "contrattempo" aveva interrotto il normale fluire.
Neppure io amo le piattole ma ancor più schifo mi fa chi non ha rispetto per la vita umana, sia quella di un bimbo crepato sotto le bombe a Gaza, annegato nel Mediterraneo, sia quella di un ladro.
Ma soprattutto ancora più "onco" (onomatopeica locale parola che descrive i conati di vomito) mi ha fatto sentire il commento di un alto rappresentante della Repubblica "giustificare" in parte quell'orrore, dicendo che purtroppo derivava da un altro crimine commesso…
Come se una borsa valesse davvero una vita.
Mi vergogno di respirare la loro stessa aria.
sergio