Plaudo all’iniziativa del Comune di Campo nell’Elba, atta a restituire decoro e moralità all’interno dei nostri amati paesi e frazioni. In special modo, ritengo importantissimo - tra gli altri divieti oggetto dell’ordinanza - quello relativo a autentiche sentine de’ vizi più abietti e contrari alla morale cattolica, come i cosiddetti “sessi scioppe”, le sale giochi e i centri massaggi, che conducono alla rovina giovani imberbi così come intere famiglie tradizionali, e dove in realtà si fumano cose strane e si praticano manovre stimolanti “très douteuses”.
Si sarebbe, invero, potuti andare anche un po’ oltre, mostrando finalmente autarchico e maschio coraggio, nonché autentico rispetto delle tradizioni elbane e toscane. Ad esempio, perché consentire di proliferare ancora a esercizi commerciali che propinano prodotti e specialità di “ambito nazionale”?
Mi riferisco ovviamente all’aborrita e onnipresente pizza del cavolo, vomitevole intruglio di origine aliena riempita di pomodoracci perlopiù di provenienza cinese. Dovremmo dunque aspettarci, al posto dei kebabbari, locali ricolmi di pizzoccheri della Valtellina, di malloreddus sardi o di pisarei e faso piacentini (boni!)?
Si dia invece la preferenza a autentiche gurguglionerie elbane, a spaghetterie con la margherita, a cacciuccoteche rigorosamente all’aethaliana e, soprattutto, a schiacciabriacherie ove si serva anche l’imbollita di fichi.
Spero con questo di poter finalmente riassaggiare, dopo due secoli, anche la minestra di lumache e quella di pesce coi mezzi spaghetti che facevano la mi’ mamma e la mi’ zia.
Dimenticavo: al bando, finalmente, anche la trista cervogia - volgarmente bira - sebbene ultimamente se ne produca anche di “artigianale elbana”.
A Campo, e nell’Elba tutta, si serva solo il forte e generoso vino elbano, bianco o nero che sia, dal sangiovese al procanico, dal moscato all’ansonaca; e si accerti che l’aleatico non provenga in realtà da serre islandesi o da vigne libanesi.
Mi permetto anche di suggerire all’amministrazione comunale di Campo nell’Elba di promuovere anche l’autentico artigianato elbano, vietando rigorosamente, e sotto pena di un numero variabile di nerbate a culo gnudo, lo smercio di abbigliamento e di chincaglierie che provengono dall’Elba così come io provengo dall’Arizona o dalle isole Falkland (o Malvine). Nei negozi “Acqua dell’Elba” si venda finalmente autentica acqua dell’Elba, da quella dolce e rinfrescante della fonte del Castagnone a quella salata de’ nostri mari incontaminati.
In ultimo, mi permetterei anche di suggerire al sig. sindaco ed alla giunta comunale di Campo nell’Elba di promuovere ed incentivare l’uso della lingua italiana e, perché no, anche del locale dialetto campese, abolendo l’uso del barbaro e cacofonico idioma anglosassone. Che Iddio stramaledica gl’inglesi! Ma si deve leggere, in un’ordinanza che intende salvaguardare il decoro, la moralità, la tradizione e l’Ilvanitas, roba come “money change”, “phone center” e “money transfer”? Dire “cambiavalute”, “telefono” e “trasferimento di denaro” no, eh?!? O meglio ancora: “cambista”, “telèfano” o “qui vi si manda i guadrìni”…?
Mi auguro che si vogliano seguire tali mie disinteressate proposte.
Con ossequi,
Riccardo Venturi