David il Comandate della "Sirius" era uno scozzese dall'età celata da una pelle cuoiosa, cotta dal salmastro. Gli ero simpatico, mi portò in plancia e, dopo essersi presentato come "ambientalista e comunista" (testuale), doppiato capo Enfola mi mise, incredibilmente, per un bel tratto al timone della vecchia nave verde e arcobaleno, nonostante gli avessi detto che avevo al massimo pilotato una barchetta a vela. Una cosa da raccontare ai nipoti (ai quali non l'ho mai raccontata). Andavamo al largo, ma non troppo, della costa marinese, a compiere l'operazione "Ho messo un masso" di Greenpeace.
Tu eri in mare con i tuoi colleghi, a dirigere ed accompagnare la calata nel blu degli enormi blocchi di cemento: scambiammo qualche esplicativa battuta, io all'asciutto sulla Sirius tu col culo in guazzo sottobordo. Si andava a formare la barriera artificiale che ancora oggi sta là su quei fondali, a difendere il mare dalle rapine della pesca a strascico sotto costa.
Ero a bordo della nave dei "Guerrieri dell'Arcobaleno" a documentare l'impresa per l'Unità, l'allora diffuso e prestigioso giornale della sinistra. Dovevo raccontare il sogno, tuo e di tanti (allora) ragazzi, di arginare un fronte del degrado marino, la stupida avidità di chi "arava" i fondali.
Messi i massi, invitai te e gli altri della pattuglia dei sub a pranzo a casa mia dove, ad un certo punto rivelasti le tue origini elbane mascherate da inflessioni "nordiche".
Scoppiammo in una risata, scoprendo che quel ragazzone alto e forte che mi trovavo davanti, altri non era che il cresciuto bimbetto che avevo visto portato in giro in carrozzino a Marciana, da tua sorella Anna, una ragazzina per la quale avevo preso una bella cotta, ed alla quale avevo fatto una corte impacciata, ingenua ed adolescenziale.
"Ti conosco sì Giorgio Verdura, mi hai anche pisciato in collo".
Con un altro balzo temporale la memoria mi porta nella cava abbandonata dell'Eurit di Marciana che avevi trasformato, con un sogno caparbio, in un enorme cantiere artistico, un anfiteatro che risuonava di martellate sulla roccia marmorea, inflitte da un assortito gruppo di maestri del cavare figure dalla pietra.
Anche questa volta si trattava di calare e stabilizzare nel blu grandi massi, nell'occasione di marmo carrarino e stavolta modellati in bellezza, a costituire un giardino subacqueo, un Olimpo alla rovescia, come ruzzolato dalle sovrastanti vette del Capanne e posato sul fondo nella tersa acqua del mare dell'Elba che guarda ad Ovest.
Caro Giorgio che ci hai lasciati con la solita troppa fretta, non sono molto bravo a scrivere necrologi incravattati. Per questo ho scelto dei flash, delle emozioni, per raccontarti, calcando la mano sul sogno che è stata una costante della tua vita.
Ma chi sogna - prima o poi - lo cambia in meglio il mondo, o almeno lascia il filo-guida del cambiamento che qualcuno riannoderà.
Ora scendi nell'immenso blu, in pace.
Sergio