In piazza della Repubblica quella sera d’estate del 1970 successe proprio un bel casino. Il sindacato aveva stabilito che il corteo contro la chiusura del Cementificio, l’ultimo retaggio del passato industriale ferajese, avrebbe raggiunto l’area dove era stato organizzato, a latere del conferimento dell’edizione annuale del Premio Letterario Isola d’Elba, un concerto dei “Nomadi”, avrebbe “simbolicamente” interrotto la manifestazione, dal palco un rappresentante dei lavoratori avrebbe letto un comunicato ed il corteo si sarebbe sciolto.
Ma non andò così, una parte (probabilmente minore) dei manifestanti non ne volle sapere e, dopo il messaggio del sindacato, cominciò ad urlare che il concerto non si doveva tenere, qualcuno prese a tirare i cavi che collegavano i grossi altoparlanti che iniziarono ad oscillare paurosamente. Uno dei Nomadi (forse Beppe Carletti) per difendere i suoi attrezzi di lavoro, commise l’errore di minacciare forse brandendo l’asta del microfono uno del più esagitati che stava sotto il palco a tirare i cavi.
A quel punto nella piazza con molti degli spettatori seduti che si allontanavano, scoppiò una bolgia. I dirigenti del PCI e del Sindacato di allora, accorsi col dichiarato intento di ricondurre alla ragione i più nervosi tra i manifestanti, comprendendo che un epilogo “violento” di quella protesta avrebbe fatto il gioco di tutti fuorché quello dei lavoratori licenziati, si interposero tra i manifestanti e i poliziotti.
Tra i più scalmanati c’era un “giovane foresto” in “divisa rivoluzionaria (giacchina militare)”, trattavasi, scoprimmo più tardi, di figlio di un Alto Ufficiale dei Carabinieri, che ben distante dalla “linea del fuoco” continuava a strillare “MONTATE sul palco!”.
Uno dei più giovani dei dirigenti comunisti, figlio di cavatore, gli piombò addosso infuriato, lo prese per la collottola e “per le trombe del culo” (raffinata espressione locale che indica il ghermire qualcuno alle spalle e afferrarlo saldamente per la camicia e per il posteriore dei calzoni) e scrollandolo più di una volta, così soavemente lo esortò: “Montaci te sul palco, stronzo!”.
L’istigatore, liberatosi, battè in rapida ritirata tra il più quieto pubblico, dopo qualche minuto anche la parte degli incazzati si ricompose ma le manifestazioni (premio letterario e pacifica protesta) avevano sortito lo stesso effetto di andare a puttane.
La vicenda ebbe una coda comico-giudiziaria, furono infatti denunciate (e condannate sia pure ad una lievissima pena) per l’interruzione della manifestione più di venti persone, ed il comico stava nel fatto che nella notifica giudiziaria l’elenco dei denunciati (Sergio Rossi anni 22, Danilo Alessi anni 33, Adelmo Corrado Galli anni 55 etc ) si apriva proprio con i nomi dei “noti comunisti” che più si erano adoperati per evitare che la situazione degenerasse, e tra i molti aspetti grotteschi di quel processo ci fu che un unico testimone dell’accusa aveva visto (in quel casino) tutti i denunciati, compreso un ultraottantenne, tal Gerardi che si trovava a letto febbricitante e Lelio Giannoni che nel momento in cui si svolgevano i fatti se ne stava tranquillamente a Rio Marina (ma ce lo vedete Nanni Gioiello barricadero?). Naturalmente lo sbraitante figlio di tanto padre non patì denuncia alcuna.
Orbene cari lettori le cronache delle ultime ore (corroborate dall’ascolto di 48 minuti di fitta lettura di insulti vomitevolmente maschilisti, razzisti e fascisti rivolti ad una “signora” del giornalismo italiano rea di lesa cinquestellità) mi hanno spinto a pormi un quesito.
Carco d’anni qual sono, a fronte dell’eversivo, populista, incosciente istigare alla rivolta, alla sovversione della democrazia, di un ricco e irsuto signore (peraltro mio coetaneo) , ce la farei, ove me ne fosse data l’occasione, a riservargli lo stesso trattamento che riservai al “rivoluzionario per procura” di tanti anni fa? Ce la farei a chiapparlo per la collottola e le trombe del culo dicendogli “Prendilo te il forcone, stronzo!” ?
Sì, magari col fiatone, ma ce la farei ...
(foto: La Cementeria 1979)