I più scogliosamente radicati tra di voi, miei cari lettori, di certo avranno usato, o quanto meno udito pronunciare l’espressione “… e la fava ingrossa!”, a commento di vicenda che si fa lunga e ingarbugliata, ergo noiosa.
Orbene, anche se non è stabilito se il primigenio originale paragone si riferisse al naturale crescere della leguminosa (Vicia faba) o piuttosto alla figurata enfiagione di tal altro “articolo” non vegetale, a cui il volgo si riferisce usando il lemma “fava”, certo è che l’allocuzione si presta più che bene a commentare il certame (non esattamente poetico) che si registra intorno alla scelta del campione destinato a contendere la vittoria ferajese all’ “orda rossa dell’odio e del furor” del centroescusateseancheunpochininosinistra capeggiata da Cosetta.
Eravamo rimasti con Ferrari che era sceso in campo, con Marini che era ridisceso in campo, con Lanera che girellava per il campo cercando di farsi notare, avevamo seguito la estenuante battaglia intestina del primarie sì, primarie no, primarie come, primarie forse ..., ma appreso della minaccia di Giuliano Fuochi di ridi-ridi-scendere in campo anche lui, appena poggiato il telefono un “Uh .. e la fava ingrossa!” m’è venuto su dal cuore.
A dire il vero immediatamente dopo mi è capitato di ripensare ad un ballo, nella sostanza un po’ fava (a proposito del medesimo legume) che negli anni sessanta contese al classico “trenino”, la palma di danza collettiva atta ad essere eseguita al culmine (anche etilico e dello sgangheramento) di una festa.
Nella sua esecuzione più canonica i ballerini scendevano in campo (ops, in pista) uno alla volta a formare una linea, ed eseguendo gli stessi passi cantavano : “E se prima eravamo in due a ballare l’hully-gully-adesso siamo in tre a ballare l’hully gully” e via via il numero cresceva, il testo, il cui autore avrà certo ricevuto un Nobel per la letteratura, mutava solo nei numeri, la musichetta restava sempre la stessa, noioooooooosa.
E la fava - ça va sans dire - ingrossava