Stamane ci frullavano per la testa alcuni versi manzoniani, quelli del 5 Maggio, non perché ormai in senile deriva bonapartista con relativa conversione a fan imperiale (è nota la nostra cordiale antipatia per quel personaggio storico, come verso tutti i populisti Cesari che nascono rivoluzionari e muoiono dittatori nel culto di loro stessi) ma perché un paio di quelle frasi “polite” facevano al caso nostro: “Di mille voci al sonito/mista la sua non ha”
Questo ci ha salvato (e vi ha salvato o diletti lettori) dalle nostre elucubrazioni su quella nave carica di acciaio e fave lesse che è andata a zuccare le cote piane di Sant’Andrea, come per compensare, a distanza di parecchi annetti la pruata che un altro mercantile picchiò sull’Ogliera, sul versante opposto dell’Elba occidentale (e lì andò pure peggio perché la nave andò a fondo come un gatto di piombo). Inutile infatti aggiungere un punto di vista a tanti (almeno in larga parte condivisibili) autorevolmente espressi.
Piuttosto rimanendo a bagnomaria, in argomento, approfittiamo dell’occasione per invitare chi ci segue a porre attenzione ad un altro articolo pubblicato oggi: quello dell’Arpat relativo alla spaventosa quantità di rifiuti che giacciono sui fondali di quello che dovrebbe essere il Santuario dei Cetacei (casa marittima nostra in fondo).
Come dire si può tentare di assassinare l’ambiente in maniera eclatante “alla Schettino” alla Exon Valdes, o con grosse porcate come lavare i serbatoi di una petroliera, o le sentine di qualche gigante galleggiante, ma il mare si può uccidere anche a colpi di spillo, quelli inferti dalla microcriminalità ambientale, dal “fottersene” dallo stioccare in quella che si considera un’inesauribile sugaia, le nostre piccole schifezze quotidiane, ed anche laddove non lo si faccia direttamente, assumendo uno stile di vita consumistico, producendo l’eccesso di rifiuti che poi per incapacità o dolo non si gestiscono correttamente e vanno a finire nel mare blu (in superficie, quando va bene)