“Nonno ma come erano i Computer di quando eri giovane?” Guardo quel soldo di cacio e gli rispondo “Di legno …”. Ma il bimbo è sveglio “Mi prendi in giro…” “Sì e no …”
Gli spiego, cos’è un abaco, un attrezzo fatto con palline di legno, infinitamente più antico del suo nonno, uno strumento che fungeva da calcolatore, gli racconto che da militare usavo un regolo (due pezzetti di legno incastrati) per calcolare “l’alzo” del cannone in modo che il proiettile arrivasse sul bersaglio.
“Per fare i conti – obietta – ma non ci potevi scrivere…” Mi sto incartando … mi ci metto a parlare di matematica binaria? Gli dico che in fondo un P.C. è uno “scemo da corsa” capace di capire solo un “SI” e un “NO” e che per far apparire sullo schermo un punto, una lettera, deve memorizzare una lunga sequenza di SI e NO?
Cerco di tagliare corto, gli dico che i primi veri P.C. con i quali si poteva fare qualcosa, tipo anche scrivere stampare e memorizzare quello che si contava e si scriveva (e pure fare qualche gioco rudimentale) si erano visti dopo che era nata sua madre.
Il bimbo si perplime parecchio, ma resta sbalordito quando scopre che di internet (proseguendo con i paralleli datari familiari) si è cominciato a ragionare quando mamma era al liceo e Zia Teresa aveva la sua età. Ed è qui che il fanciullo spara la sua domanda/osservazione micidiale:
“E come facevate?”
“Si faceva come quelli di Faenza che quando non ce n’hanno fanno senza”
La facezia non è molto apprezzata dal mio giovane interlocutore, che mi guarda, forse con quel po’ di pietà ispirata dall’affetto, come se si trovasse davanti ad un troglodita, un relitto di un tempo lontano, con lo stesso sguardo che alla sua età avrei riservato a uno che avessi visto passeggiare in calata con l’osso infilato nel naso ed una sveglia al collo.
Se ne va, comunque, nella stanza accanto a dividersi tra il televisore dove può scegliere tra una vasta gamma di canali che bersagliano bimbi ed adolescenti di amene e sciocchine nonché foreste storie, e zuccherose pubblicità, ed il PC foriero di un videogioco fantasy e pieno di sanguinolenti ammazzasette, di Cyber-Lancillotti, Bioniche Ginevre e atomici destrieri i cui nitriti sintetici mi giungono sgradevoli alle orecchie.
Ora sono io meditabondo e sospeso in una elucubrazione tra i massimi sistemi filosofici ed i minimi sistemi informatici, e sto pure a chiedermi se abbiamo commesso qualche errore e dove, com’è che pure noi “educatori alternativi e rivoluzionari” ci siamo fatti bellamente fottere, abbiamo fatto vincere la cultura dell’acritico abbandono, della non gestione degli strumenti di comunicazione, del cedimento legalizzante all’anarchia consumistica, risolvendo con la sentenza del Profeta Quelo di Guzzanti (… la risposta è dentro di te … epperò e quella sbajata!!)
Per fortuna che prima di immergersi nella estraniante-omologante-globalizzante programmazione nippotelevisiva, prima di farsi prendere come un tonnetto dalla Rete, prima di essere un bimbo solo assediato dai messaggi di incorporei pseudo-amici, ha studiato, anche se senza troppo entusiasmo, un’oretta, su un vecchio coso chiamato libro, per fortuna alle 17.30 va a giocare a Rugby e si rotolerà nel fango, e giocherà si spintonerà con altri carnalissimi bimbi vivi, bercianti, scalmanati e sudanti il giusto.
Non tutto è perduto