Due anni fa mamma era ricoverata in ospedale di comunità. Era accudita e coccolata ma stava male, molto male, era piena di dolori e non deambulava più. Eravamo d’estate e faceva un caldo asfissiante, più o meno come ora.
Sudava mamma, sudava parecchio ed i grigi capelli, ricresciuti selvaggiamente dopo la chemio, erano a dir poco arruffati. Ed hai voglia di spazzolarla amorevolmente, dopo pochi minuti si riformava, inesorabile, il cespuglio.
Tra familiari ragionammo: “gliela diamo una sistematina a questa chiorba?” Nessuno però era pratico di forbici e rasoio, così si fece avanti zia: “non vi preoccupate bimbi, ci penso io”.
Era una mattina di inizio luglio e zia andò subito in centro, da Elviana, a chiedergli se….. Elviana non finì nemmeno di ascoltare, annuiva col capo e zitta, aveva già capito tutto.
Mamma sarebbe deceduta di lì a qualche settimana, quello sarebbe stato l’ultimo taglio.
Accadde questo.
Quella stessa mattina Elviana chiuse bottega un po’ prima del solito, si portò dietro gli attrezzi del mestiere ed andò su in ospedale, da mamma, a fare quello che c’era da fare. Fu un gesto spontaneo, generoso, tant’è che poi rifiutò ogni sorta di compenso.
Quando andai a trovare mamma, verso le due del pomeriggio, lei era in stanza da sola, girata di là a fissare il panorama, bellissimo, della rada. Mi sentì entrare e si voltò, aveva la fronte sgombera ed il collo pulito. Non mi disse nulla, il raggiante sorriso che sfoggiò parlava da solo e diceva tutto.
Furono di gran lunga oltrepassate le intenzioni e dopo mesi di torture, nonostante il calvario fosse ormai al capolinea, in modo del tutto inaspettato mamma riassaporò, per un’ultima volta, il gusto di sentirsi donna.
Grazie a te, Elviana.
Michele Melis