Questa mattina parlando con una insegnante non elbana, venuta a lavorare sullo scoglio, sono venuta a sapere di quanto crudele sia la burocrazia italiana. Se mai ce ne fosse ancora bisogno per capirlo bene.
Insomma questa emigrante del lavoro scolastico, adattatasi come molti altri da sempre, a quella che oggi viene chiamata mobilità, dato che il suo incarico si protrae fortunatamente sino a chiusura dell’anno scolastico, decide di portare con sé il figlio di 6 anni e di iscriverlo ad una scuola di Portoferraio. Se non ché il pagamento della retta per la mensa le viene calcolato con la tariffa non residente, quindi maggiorata rispetto al contributo chiesto ai residenti.
Dal punto di vista normativo, magari non c’è niente da eccepire, ma dal punto di vista umano? Questa donna lavoratrice per diversi mesi soggiornerà con noi, e suo figlio studierà e giocherà con i bimbi che qui incontra, già subisce la fatica del distacco dalla solita vita, perchè farle pagare anche l’umiliazione del non sentirsi a casa sino in fondo, anche se per un breve periodo? Perché tassarla così brutalmente?
Se le casse comunali sono esangui, non sarà di certo la maggiorazione che è costretta a pagare, a risollevarne le sorti.
Solo per rimanere nell’ambito culturale, sarebbe meglio pensare a far fruttare meglio i beni demaniali, monumenti dati in locazione a scopo di lucro, aprire di più i musei , riaprire ciò che si è chiuso. Sarebbe stato meglio non spendere in luminarie, albero di natale e botti di capodanno e quei soldi impiegarli per la mitica riparazione del tetto della materna di San Giovanni. E sono convinta che se l’amministrazione avesse portato questa proposta alla cittadinanza, in pochissimi avrebbero contestato, anzi forse nessuno.
Maristella Giulianetti