I richiami e i moniti dell’Europa così insistenti e autorevoli per l’economia e la finanza non lo sono altrettanto per l’ambiente neppure in vicende come l’ILVA o la Sardegna.
Eppure proprio sull’ambiente si infittiscono gli incontri internazionali da Rio alla Corea del Sud dove la nostra partecipazione generalmente non brilla.
E che le cose per l’ambiente non vadano bene basta affidarsi alle cronache per averne conferma sul piano nazionale come su quello regionale Toscana inclusa.
Ci sono i tagli ma anche i condoni dietro l’angolo al pari delle dismissioni sempre in agguato nonostante i più clamorosi fallimenti demaniali e museali. Il ministro Barca seriamente impegnato a riattivare l’iniziativa delle regioni per la utilizzazione dei finanziamenti comunitari ci avverte che vi sono miglioramenti ma tra le ultime ruote del carro restano, ad esempio, i progetti contro le frane.
Eppure vicende anche clamorose –penso all’ILVA- sono lì a ricordarci che l’ambiente non è un lusso ma una opportunità che se trascurata o ignorata penalizza anche l’economia e non soltanto il nostro patrimonio storico, culturale e naturalistico oltre alla salute dei cittadini. E’ in un certo senso la rivincita dei beni comuni. Ma quando si passa a mettere a fuoco le responsabilità e soprattutto le misure e i programmi per uscirne non mancano anche firme autorevoli che se la rifanno con il titolo V della Costituzione che in nome del federalismo avrebbe colpevolmente lasciato mano libera a sindaci e regioni. Insomma quel federalismo che oggi dovrebbe salvare l’Europa avrebbe già dal 2001 azzoppato l’Italia. Se non si è riusciti a riformare la legge urbanistica, a mettere a frutto la legge sul suolo al pari di quella sui parchi e le aree protette, l’art 9 della Costituzione e la Convenzione europea sul paesaggio è perché i sindaci che non hanno più neppure gli occhi per piangere e le regioni che non se la passano meglio comandano troppo. Si tratta di una mistificazione pura e semplice perché è proprio lo stato che si è ripreso funzioni e compiti non suoi come risulta da dati anche parlamentari incontrovertibili. Allora perché non si riesce a garantire quel governo del territorio previsto dalla Costituzione e incentrato su politiche di programmazione e pianificazione nazionale a cui debbono concorrere su un piano di pari dignità e ‘leale collaborazione’ stato, regioni ed enti locali?
La ragione principale è che il discredito della politica e delle istituzioni –parlamento in testa-ha messo in crisi la credibilità di un governo del territorio sottratto alle manfrine, alla corruzione, alla conflittualità. Al punto di accreditare anche in realtà vaccinate da tempo l’dea che la lotta alla casta e allo spreco passa per provvedimenti poi di difficile gestione come l’abrogazione delle province e della loro elettività. E qui che si misura oggi la capacità politico-istituzionale del nostro paese dove la tecnica e i tecnici non bastano
Renzo Moschini