Sul problema dei migranti, gli elbani si dividono come si dividono gli italiani di fronte ad un problema importante. All’Elba l’ultima divisione è stata il comune unico. Chi era a favore chi era contrario. Le posizioni coincidevano con aeree politiche a parte qualche eccezione. Era un problema semplice che si affrontava con un si o con un no.
Ci sono, però, dei problemi che non possono essere affrontati semplificandoli in questi termini, perché non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.
E quello dei immigrati è un problema molto complesso. Molti lo affrontano in modo emotivo, ideologico o religioso: una parte parla di invasione e l’altra parla di valori umani di solidarietà, ma anche di buonismo e di razzismo.
A mio avviso, la cosa più importante è vedere il problema nei suoi termini concreti, lasciando da parte le varie retoriche e le strumentalizzazioni politiche
Nel caso dei migranti non ci si può divedere fra chi li vuole e chi non li vuole. Gli immigrati partono dall’africa disperati e se non affogano arrivano sulle nostre coste. Non chiedono il nostro permesso per partire e questo non è sufficiente per ributtarli in acqua. Quindi si tratta di un problema che dovrà essere affrontata a livello europeo. Ma per il momento si tratta di un emergenza, e quindi bisogna aiutarli.
Ma in che modo? Lasciando perdere la politica nazionale i rapporti con l’Europa ecc, vedere se anche all’Elba potrebbero essere accolti.
Il sindaco di Rio Nell’Elba De Santi ha impostato il problema proprio in questi termini. Cioè in termini concreti. Ha spiegato perché il suo comune non ha i mezzi per farlo. Visto il tono con cui ne parla, sono certo, che se fosse stato sindaco di un altro comune con più risorse, la sua posizione sarebbe stata diversa .
Sarebbe auspicabile che anche gli altri comuni spiegassero, con lo stesso spirito e la stessa serietà quale è la situazione nel loro comune. Dire semplicemente perché non possono assumersi questa responsabilità. Non ci sarebbe nulla di male. Anzi è un dovere che hanno nei confronti dei cittadini che rappresentano. Sappiamo che ci sono comuni italiani, anche piccoli e poveri che li accettano, ma qui all’Elba ci potrebbero essere impedimenti di natura diversa.
E’ anche comprensibile che abbiano delle preoccupazione. Se volessero informarsi bene potrebbero farlo con Vagaggini, sindaco di un paese della costa, che ha accettato dei migranti. Lui consce bene il problema. E conosce molto bene anche l’Elba essendo stato sindaco di Marciana alta per un paio di legislature.
Marco Sollapi
Gentile Signor Marco
Non sono affatto d'accordo - mi perdoni - con quanto espone: credo che sull'accettare o non accettare migranti/profughi sul territorio, si può discettare, ponderare, discutere, riflettere ma poi un SI o un NO bisogna dirlo e per ora (salvo il Sindaco di Rio Marina) i primi cittadini elbani hanno detto NO.
Veda, come molti altri italiani ho assistito l'altra sera alla trasmissione in TV di "Fuoco a Mare", e pure allo sconvolgente servizio sui migranti messo in onda su Rai3 subito dopo.
Ma non ho intenzione di risponderle solo sul filo delle emozioni, vorrei parlarle soprattutto di numeri, che saranno pure aridi ma aiutano un bel po' a ragionare.
Una cosa di quella serata televisiva mi è rimasta particolarmente impressa: una testimonianza che ricordava come, nel 2011, i 5.500 (cinquemilacinquecento) lampedusani in un certo periodo si trovarono a condividere la loro isola con 8.000 (ottomila) migranti/profughi. Il testimone ricordava che le strutture pubbliche potevano fornire solo 2.000 (duemila) pasti al giorno, e cioè che non poteva garantire il cibo per 6.000 (seimila) persone sopravvisute a mille peripezie, a mille violenze. Eppure - ricordava il testimone - nessuno in quei concitati giorni restò senza mangiare, perché gli isolani aprirono le loro case, apparecchiarono nelle verande e per strada per quei fratelli venuti (ha ragione Camilleri) dall'altra sponda di quella vasca che è il Mediterraneo.
Ecco, se fossi lampedusano condividerei l'orgoglio per quella generosità almeno quanto mi vergogno da elbano delle scelte di chi, brutalmente come Barbetti, o arzigogolando come De Santi, afferma che la "miserrima Elba" non può permettersi il lusso di ospitare una mezza dozzina di donne incinte o una quindicina di bambini e minori rimasti soli ad affrontare la vita. E le dico pure che trovo più dignitoso assumersi la responsabilità di un (per me disumano) NO, che mimetizzare la propria sostanziale chiusura in un cespuglio di chiacchiere.
Ma di cosa stiamo parlando signor Marco? L'Elba ha cinque volte e mezzo i residenti di Lampedusa, i suoi abitanti godono di un reddito medio (dichiarato, e stendiamo un pietoso velo) superiore del 10-15% rispetto ai lampedusani. Il patrimonio immobiliare pubblico, in buona parte inutilizzato, è sterminato. Ci saranno pure - come in ogni luogo - situazioni di povertà e sofferenza, ma affermare che dare albergo a quattro disgraziati condurrebbe alla rovina economica degli enti è (mi perdoni il francesismo) prendere per il culo il prossimo. Loro in 5.500 sono stati capaci di sfamare - privatamente - 6.000 esseri umani in difficoltà (più di uno ciascuno), noi in 30.000 non siamo disponibili ad ospitarne un gruppetto pari, se anche un giorno arrivassero alla stratosferica cifra di 30, allo 0,1 % della popolazione. Cosi è, e le chiacchiere stanno a 0 (zero).
Ancor più peregrina è la motivazione "dell'immagine", come se nello scegliere una destinazione turistica un sensibile numero di persone non si preoccupasse delle attrattive paesaggistiche, del funzionamento dei servizi, delle occasioni ricreative, etc, ma controllasse innanzitutto che la sua meta fosse "immigrants-free".
Al contrario non credo che il sospetto che in una località si pratichi una sorta di razzismo-strisciante, la renda anche turisticamente più accattivante.
La realtà è che la chiusura ai migranti "rende" politicamente, è popolare (per non dire populista) e battendo con cinismo sulla grancassa della anche irrazionale, viscerale, paura del diverso, assumendo la posa di dozzinali "defensores insulae" (ma difensori da cosa?), si raccoglie - sulla pelle di sfortunatissime persone - consenso.
Gli stessi maggiorenti che dovrebbero educare la popolazione isolana alla ospitalità (non solo a tassametro), alla solidarietà, alla fratellanza, a superare i pregiudizi, si impegnano invece in direzione "ostinata e contraria".
In ultimo se Vagaggini ha fatto su questo fonte il suo dovere di sindaco me ne compiaccio, ma non credo in una sua salvifica missione insulare.
Il problema non sta nella mancanza di conoscenze, i sindaci elbani, al pari di qualsiasi cittadino avvertito, la problematica la conoscono, così come sanno benissimo come tecnicamente si potrebbe risolvere, ed hanno pure perfetta contezza del territorio che amministrano, anche senza il soccorso vagagginiano.
Il problema non sta nel non potere o nel non sapere. Il problema è nel non volere.
sergio rossi